Fra i banner pubblicitari del sito leggiamo questo
mirabolante slogan: “Sapere come vivono fa la differenza”. Che differenza? Per
chi? Alcune risposte le troviamo proprio nell’articolo pubblicato da “Il Sole
24 ore”.
Per cominciare,
perchè tanto impegno nel promuovere modalità di allevamento non intensivo? Il
motivo è presto detto. La preoccupazione per la salute umana, per l’ambiente
e per l’insopportabile livello di violenza sugli animali che gli allevamenti
intensivi comportano inducono i consumatori a fare qualche riflessione: “In
molti chiedono un’alternativa. Che non è necessariamente una scelta vegana”.
Prima ammissione senza pudore: il problema è che gli scandali degli antibiotici
nella carne e la presa di coscienza relativa alla sensibilità animale possono
portare le persone a smettere di mangiare carne e magari – non sia mai – a
prendere parte attiva ai movimenti a favore dell’autodeterminazione dei non
umani. Quindi, è bene che qualcuno si prenda la briga di riportare questi
turbamenti nell’ambito di una più gestibile esortazione a consumare meno carne
e “di qualità”, senza farmaci e con maggiori standard di “benessere” degli
schiavi che la producono. Insomma, come annuncia l’articolo, “l’alternativa non
è solo veg”!
Ma che cosa sarà mai
questo benessere animale (che non si capisce bene che posto occupi accanto al
desiderio di mangiare carne buona o di non ingurgitare ormoni insieme al latte
di mucca)?