"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

giovedì 7 marzo 2013

Scandali alimentari e idea di uguaglianza



SCANDALI ALIMENTARI E IDEA DI UGUAGLIANZA
di Camilla Lattanzi

In Germania è in corso l'ennesimo scandalo per le uova contrassegnate con lo ZERO che dovrebbe significare bio-free range (allevate a terra)  e che invece provenivano da galline allevate in gabbia.
Qui l'articolo e l'orribile video che mostra la condizione in cui venivano (o sarebbe meglio dire vengono regolarmente)  tenute le galline "biologiche":
http://www.peta.de/web/eierrecherche2012.6700.html

Contemporaneamente in Sudafrica è stata smascherata un'altra, analoga frode alimentare: carni di asino, bufalo indiano o montone utilizzate al posto di quelle bovine, ma anche suine o avicole, per confezionare prodotti venduti regolarmente nei supermercati, senza però che i reali ingredienti fossero dichiarati sulle etichette.  E in tutto il mondo Ikea, Nestlé e Kraft ritirano dal mercato tonnellate di formaggi cioccolate e torte in quanto contaminate da batteri fecali.
Naturalmente l'accento viene messo sulla “frode ai danni del consumatore” perché l'ottica è graniticamente antropocentrica: il ricco consumatore esigente tiene alla sua salute e chiede che gli alimenti siano biologici. E’ disposto a spendere di più per mangiare meglio di altri consumatori meno danarosi e meno consapevoli. Paga dunque pretende, perché è la sua salute a essere messa a repentaglio.

Sulle condizioni degli animali schiavizzati e uccisi l'enfasi è assai minore e così, mentre sono tanti i consumatori a sbraitare che ci vogliono più controlli nel biologico, sono pochi gli esseri davvero "umani" che si curano della sofferenza e della morte ingiustamente inflitte ad altri viventi senzienti.
Ancora una volta pare evidente che non può esistere un uso "incolpevole" dei prodotti animali, e che l'alimentazione vegetariana da un lato e onnivora-biologica dall'altro sono foglie di fico sempre più strette, sia perché sono d'elite, sia perché sono vittime anch'esse di continue operazioni di contraffazione. Questo se vogliamo guardare al problema solo dal punto di vista salutistico.
Dal punto di vista etico poi, il discorso non sta proprio in piedi: quale fine si pensa che facciano quelle galline lì quando la produzione di uova, con l'aumentare dell'età delle galline-schiave, inevitabilmente cala?
Finiscono nei piatti dei nostri amici onnivori e ghiottoni, nelle salsicce Wudì e nei sughi AIA quando le cose vanno come ci si aspetta, in qualche produzione a marchio BIO quando invece non vanno per il verso giusto, mescolate magari alla carne di cavallo di bufalo di asino o montone del precedente scandalo, e sarebbe così anche se fossero davvero allevate con il garbo che l'ingenuo consumatore seguace del biologico si aspetta.
Chiedersi se sia accettabile che il ciclo di vita di creature viventi venga abbreviato a un decimo per questioni di profitto e ghiottoneria, però, non viene in mente nemmeno ai garbati vegetariani o agli onnivori seguaci del bio, che su questo tema somigliano in tutto ai loro "opposti", onnivori e habitué dell'agrochimico.

Morale: noi consumatori critici, che ci sentiamo esenti dagli effetti degli scandali grazie alla frequentazione di mercati contadini e Gruppi d’acquisto solidale, non possiamo più ignorare che ormai anche l'alimentazione è diventata una questione "di classe".
Ai poveri non resta che ingozzarsi di animali sofferenti e malati, o pesticidi chimici velenosi, con buona pace delle coscienze di chi ha il potere d'acquisto e il capitale culturale che gli consente di fare scelte un po' meno rischiose, purché disposti a pagarle a caro prezzo.
Nel mondo sempre più autoreferenziale e individualista del "consumo critico", il discorso prevalente è oggi quello di una decrescita orientata all'autoproduzione. Minore è l'enfasi per inventarsi lotte e campagne per la chiusura di allevamenti e macelli e la completa proibizione dei pesticidi. La dimensione politica del cambiamento è sempre più scolorita, e pressoché assente è l'attenzione alla sorte inflitta agli animali non umani, vittime predestinate e predilette di un sistema produttivo che andrebbe messo in discussione nel suo insieme, indagando sulla sua logica di violenza e sopraffazione. 
La mutazione genetica da cittadino a consumatore ha contagiato anche il mondo del consumo critico, per cui isolarsi in un Eden di salute e benessere individuale viene preferito a praticare una politica attiva verso le istituzioni e le imprese per affermare il diritto alla salute collettiva . Ma solo una battaglia simile potrà davvero restituirci un piano di uguaglianza dei cittadini almeno nel momento in cui si alimentano, momento centrale per il benessere e la salute, dove le differenze di classe sortiscono gli effetti più devastanti. E in questa sede di azione collettiva potrebbe aprirsi finalmente una finestra sull'alimentazione "cruelty free", finora snobbata nell'ambito dei Gruppi d’acquisto solidale (Gas) e dei "consumatori consapevoli", forse per eccesso di prudenza o forse perché è mancata la volontà di affrontare un serio approfondimento.

E’ a dir poco ironico l’esito dell'ultimo scandalo verificatosi in Islanda: un lancio di agenzia del 1mo Marzo ci racconta che le autorità alimentari islandesi - alla ricerca di carne di cavallo "clandestina" - hanno esaminato dei "tortini di carne" senza trovarvi alcuna traccia animale: "non contenevano dna mammifero", ha spiegato l'ispettore alimentare Kjartan Hreinsson, aggiungendo che i prodotti sembrano essere stati riempiti di “prodotti vegetali”. Le autorità della capitale islandese stanno indagando. "È una cosa piuttosto bizzarra", ha ironizzato Hreinsson.  
E chissà che la “frode” islandese non abbia preservato la salute di questi appassionati consumatori di “tortini di carne”, ritrovatisi “vegetariani a loro insaputa”.
Adesso la domanda è: cosa sceglierà di fare il “consumo critico e consapevole” che si trova di fronte all’evidente gerarchia classista tra consumatori mai così evidentemente collegata alle conseguenze di un modello di dominio e potere tra viventi?