"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

Chi siamo

[vedi anche la pagina delle F.A.Q.]

Il progetto BIO-VIOLENZA nasce dal desiderio di alcun* attivist* di denunciare, all’interno del vasto mondo dello sfruttamento degli animali a fini alimentari (allevamenti, pesca e caccia), l’emergente strategia produttiva e soprattutto ideologica di quei settori che a vario titolo promuovono forme di allevamento e macellazione cosiddette “sostenibili”, “etiche”, biologiche, rispettose dell’ambiente, dei diritti dei lavoratori, delle comunità locali e, perfino, del “benessere animale”. Riteniamo che tale filone di pensiero e di sfruttamento animale non sia per nulla etico e non rappresenti in alcun modo un avanzamento verso l’abolizione della schiavitù animale o verso la messa in discussione radicale dei rapporti uomo/altri animali. Riteniamo che esso debba essere denunciato smascherandone le contraddizioni, poiché la facciata di “sostenibilità” di questi allevamenti, apparentemente contrapposti agli allevamenti intensivi, permette ai consumatori di tacitare la propria coscienza che mostra segnali di risveglio, continuando a sostenere, commercialmente e politicamente, un massacro non accettabile e non “riformabile”.

Il progetto BIO-VIOLENZA si configura quindi come:

a) osservatorio sull’ideologia della “buona carne?”, che monitori lo sviluppo delle tematiche di allevamento biologico, sostenibile, etico e della relativa propaganda
b)    sviluppo di una contestazione puntuale delle contraddizioni di tali temi, contestazione tesa a mostrarne l’ipocrisia, la strumentalizzazione delle istanze di sensibilità verso gli animali, la non compatibilità con le esigenze del soggetto animale e con i suoi bisogni (vita, libertà, non sofferenza)
c)    promozione di iniziative di piazza e simili volte a rendere visibile la condizione animale, a criticare apertamente tali contraddizioni e a far emergere le esigenze vitali del soggetto oppresso (gli animali non umani “da reddito”) - soggetto degno di essere preso in considerazione indipendentemente dai temi associati al settore dell’allevamento non intensivo (qualità, salute dei consumatori umani, diritti dei lavoratori umani, impatto ambientale, ecc.). Tali iniziative dovranno essere messe in campo, in particolare, in occasione di fiere, congressi, manifestazioni di rilievo organizzate da istituzioni, associazioni, settori dell’industria della carne
d)   contestazione degli apparati istituzionali e para-istituzionali che sostengono l’industria e l’ideologia della violenza bio
e)    sviluppo costante del sito che accoglierà segnalazioni, testimonianze, documenti e materiali  sul tema
f)     attività volta a scardinare i principi che sottendono l’apparente semplicità dell’impianto della “buona carne?”; incentivare una nuova consapevolezza critica per ideare la “controffensiva” animalista nei confronti di questo nuovo tipo di sfruttamento che integra, nel “normale”, una crudeltà autentica e non diversa da quella degli allevamenti intensivi
g)    raccolta di adesioni individuali e collettive alle iniziative del progetto BIO-VIOLENZA, purché queste siano persone e realtà dichiaratamente contrarie ad ogni forma di oppressione e discriminazione anche in ambito intraumano.