Così potremmo definire lo stato emotivo che sembra voler suscitare Slow Food con un video di denuncia sulle condizioni degli schiavi umani che, in Thailandia, lavorano in condizioni vergognose nell'industria della pesca. Una compassione tanto acuta nei confronti degli oppressi umani, quanto cieca nei confronti di quelli appartenenti ad altre specie.
Riportiamo il commento di una persona che ci ha scritto per segnalare il video, per ricordare che anche la sofferenza degli abitanti non umani del mare è, in questi casi, atroce, e per sottolineare come la compassione verso una specie non può e non deve togliere la possibilità di provare compassione verso un'altra specie.
"Quanta motivata indignazione per gli schiavi birmani. Così tanta che non ne rimane più per i miliardi di esseri chiamati "immondizia" seppur senzienti. Uccisi per nutrire altri miliardi di gamberetti allevati per essere pur essi uccisi.
In questo video, oltre al dolore degli schiavi umani, l'infinito dolore di quelli che, tolti dal loro elemento, cercano di sfuggire inutilmente come il polipo, o che agonizzano asfissiati.
In tutto il video risuona il fragore di urla disperate e mute - urla che si sentono solo con le orecchie dell'empatia e non con i timpani."