"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

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venerdì 31 ottobre 2014

Al Salone del Gusto il cibo è la nostra Terra...

da: Farro & fuoco - alimenta il conflitto

Si è svolto in questi giorni di fine ottobre il Salone internazionale del gusto 2014 – Terra Madre, evento che l’associazione onlus SlowFood, insieme a svariati partner privati e istituzionali, organizza ogni due anni a Torino.

Le migliaia di animali non umani coinvolti -sfruttati, ingabbiati, brutalizzati e ammazzati per il loro miele, per il loro latte, per le loro uova, per le loro carni- hanno purtroppo già compreso sulla loro “pelle” cosa serva per organizzarlo e farlo funzionare, sfortunati personaggi di un evento che si è nutrito e si nutre di loro. Anche gli abitanti umani della zona di Torino e delle valli limitrofe dovrebbero ormai sapere cosa portino i grandi eventi e poco cambia se il Salone è ospitato in strutture già esistenti: trasformazioni coatte del territorio e quartieri sotto pressione economica, esborso di denaro pubblico indirizzato all’economia degli eventi e del turismo e spese di gestione di infrastrutture sottoutilizzate o in disuso a carico delle amministrazioni locali. Le Olimpiadi Invernali di Torino del 2006 ne sono un esempio, gravando ancora in maniera significativa sui bilanci di alcuni Comuni della Val Susa o della Val Pellice, oltre ad aver compromesso definitivamente delimitati, ma importanti habitat boschivi e montani.

continua qui

domenica 4 novembre 2012

Animal welfare: uccidere con gentilezza

Mattatoio

Animal welfare: uccidere con gentilezza
(rielaborazione dell'intervento di BioViolenza alla conferenza sul benessere animale, Salone del Gusto 2012)

Un punto di vista particolare?

Il Progetto BioViolenza è nato due anni fa, con l’intento di affrontare il tema degli allevamenti biologici, ecologicamente sostenibili, attenti allo spreco delle risorse e ai diritti dei lavoratori. Per questo, si può dire che ci interroghiamo da un po’ di tempo sul cosiddetto “benessere animale”, l’oggetto della conferenza di oggi[1]. Abbiamo chiesto quindi a Slow Food, che ha accettato, di venire qui a proporre alcune considerazioni. Il punto di vista da cui affrontiamo tale tema è un punto di vista particolare. O meglio: si tratta di un punto di vista che sembra particolare, ma che dovrebbe essere, secondo noi, quello principale. Dovrebbe essere normale far partire da qui ogni riflessione al riguardo. E’ un punto di vista che in questa conferenza è stato marginale, ma che è affiorato a tratti in più di una relazione. Si tratta del punto di vista degli animali allevati.
Il punto di vista degli animali è centrale anche soltanto per motivi quantitativi: gli animali sono gli attori più numerosi nei processi di produzione alimentare di cui parliamo oggi. Se guardiamo alle cifre, almeno 40 miliardi di non umani all’anno perdono la vita per fornire cibo agli umani. Una stima dei pesci uccisi nel mondo ci restituisce un numero ancora più impressionante[2]. Ma non si tratta solo di quantità, anzi: è il ruolo di questi attori che è centrale, dato che sono loro a fornire una serie di “oggetti” o di prestazioni per produrre cibo. In modo sommario, possiamo dire che forniscono i propri corpi, che diventano carne, e le proprie funzioni riproduttive, da cui traiamo diversi generi di prodotti (principalmente, uova, latte e latticini). E’ sugli animali, non a caso, che ricadono le scelte degli allevatori, dei veterinari, degli etologi, degli economisti, dei legislatori. Per noi, provare a considerare il loro punto di vista significa, da una parte, immedesimarci con loro, chiedendoci che cosa provino, quali siano i loro sentimenti, i loro bisogni, le loro esigenze; e questo è un tipo di sforzo che i presenti, allevatori e specialisti, non faticheranno a comprendere a partire dalla loro esperienza. D’altra parte, ci chiediamo come potrebbero considerare – gli animali non umani – i nostri discorsi sulle pratiche di allevamento, ed in particolare i nostri discorsi sul benessere animale. Questi dibattiti sono, infatti, dibattiti tutti umani, sviluppati fra umani e per umani.

Benessere animale: uno strano tipo di welfare

Il benessere animale può far pensare – anche come parola – al welfare umano. Il nome stesso – animal welfare – lo suggerisce. In particolare, viene in mente in qualche modo il welfare in ambito lavorativo, le questioni relative ai diritti dei lavoratori. Il welfare in questo caso è un’attività di regolamentazione della produzione e un discorso sulle attività produttive che presuppone che lavoratrici e lavoratori non siano semplici “strumenti”, ma individui dotati di esigenze proprie innegabili, esigenze spesso in conflitto con le esigenze produttive. Nonostante tutto, però, questa analogia lascia perplessi, ed il motivo è sostanzialmente uno. A differenza di quello umano, il welfare animale è un dispositivo di regolamentazione del lavoro i cui supposti beneficiari non sono stati consultati. Qualcuno dirà che questo avviene perché non è possibile consultarli, per limiti di specie e, in ultima analisi, di comunicazione. Gli allevatori che sono qui, ma anche gli specialisti che hanno parlato – etologi e veterinari – sanno bene che non è esattamente così, perché esiste la possibilità di ascoltare le loro esigenze, ovviamente. Noi pensiamo che, proprio per questo, la peculiarità del welfare animale derivi da un altro fatto. Il paragone non regge, in realtà, perché qui non si tratta di lavoro, ma di schiavitù. Certamente, una schiavitù intorno alla quale esiste una crescente compassione dell’opinione pubblica verso gli schiavi, ma pur sempre una schiavitù. E in effetti gli schiavi non vengono consultati.

Kill with kindness

Prima dei discorsi sul benessere, esiste comunque una serie di regole e di principi sanciti dalle istituzioni. Vorremmo analizzarle brevemente dalla prospettiva di un animale da allevamento. Parte della normativa sul benessere animale si rivela estranea a questa compassione timida ma crescente. L’agricoltura biologica, in particolare, prevede delle regole di certificazione che incrementano il benessere degli animali, ma – spesso dichiaratamente – per avvantaggiare la salute dei consumatori, la qualità dei prodotti, la sostenibilità ambientale[3]. Il vantaggio per gli animali è quasi sempre un fatto accidentale, una specie di effetto collaterale. Nei pochi casi in cui l’obiettivo dichiarato è la riduzione della sofferenza animale, ciò avviene nella misura in cui non si interferisce con le esigenze dei produttori e dei consumatori.
Diverso è il caso – oggi ampiamente illustrato – della protezione degli animali da reddito da parte di una serie di norme europee e di una serie di progetti locali che tendono ad incrementare il benessere animale a partire dalla considerazione dell’animale come essere senziente. Oggi, infatti, nessuno può più considerarsi a pieno titolo cartesiano: gli animali non sono più macchine, ma soggetti in grado di soffrire e gioire in modo analogo a noi (che, del resto, siamo animali). Per chi intrattiene – la maggioranza dei cittadini – una relazione con un animale “da compagnia”, un cane o un gatto per esempio, questa è ormai una banalità, entrata a tal punto nel vissuto dei membri della società umana che se ne è accorta persino l’Unione Europea. A tal proposito, l’art. 13 del Trattato di Lisbona, poco fa citato da Andrea Gavinelli (Commissione Europea), parla di “senzienti” [4]. E lo stesso relatore ha fatto riferimento alle “cinque libertà”, di cui abbiamo già avuto modo di parlare in passato[5].
La Direttiva 98/58 dice una cosa molto interessante: “nessun animale deve essere custodito in un allevamento se ciò nuoce alla sua salute o al suo benessere”[6]. Ancora, cerchiamo di interpretarla come se fossimo non gli allevatori, bensì gli allevati. Se mi dicessero che non devo essere privato della libertà, rinchiuso in una gabbia o in un recinto qualora nuocesse al mio benessere, penso che avrei le idee chiare al riguardo. Direi che non devo mai essere “custodito” in un allevamento. Essere recluso in un allevamento nuocerebbe sempre al mio benessere, è ovvio. A dirla tutta, mi farei anche qualche domanda su questa parola, “custodito”. “Custodire” richiama l’idea di protezione, di cura. Si tratta di elementi che pur possono esistere nell’allevamento, ma è chiaro che qui si intende un altro tipo di custodia, che a me ricorda piuttosto la pratica della custodia carceraria. Forse chiederei di essere un po’ più onesti e chiamarla semplicemente reclusione. Ma sulle vostre parole avrei vari appunti da fare. Poco fa, uno dei relatori[7] ha spiegato che il suo programma di introduzione del benessere animale in un piccolo allevamento brasiliano ha portato ad un calo della mortalità dei bovini da una percentuale (il 60%) ad un’altra (il 30%). Io penso invece che il tasso di mortalità sia costante, sempre intorno al 100%, dato che la fine di noi animali è sempre il macello. E a proposito, consentitemi di tornare sulla frase di cui sopra: “nessun animale deve essere custodito in un allevamento se ciò nuoce alla sua salute o al suo benessere”. Visto che si afferma di non voler nuocere alla mia salute, per non nuocere alla mia salute chiederei di non essere macellato. Non di essere macellato un po’ più tardi, o previo stordimento, o da qualche sostenitore della “morte dolce”[8], ma proprio di non essere mai portato al mattatoio.

Progetto BioViolenza
Al mattatoio sani e felici


[1] Il testo è una rielaborazione dell’intervento fatto dal Progetto BioViolenza al Salone del Gusto / Terra Madre 2012, durante la conferenza su “Benessere animale: una tutela anche per produttori e consumatori” (29 ottobre 2012, Torino)
[2] Le stime dei pesci uccisi sono di circa mille miliardi (http://fishcount.org.uk fornisce un criterio scientifico per il calcolo del numero degli individui pescati, che nei dati ufficiali sono espressi a peso).
[4] “Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell'Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti” (http://europa.eu/lisbon_treaty/full_text/index_it.htm).
[5] Cfr. “Cinque libertà: tanto rumore per nulla” (http://bioviolenza.blogspot.com/2012/08/cinque-liberta-tanto-rumore-per-nulla.html).
[7] Mateus Paranhos Da Costa, docente di etologia e benessere animale, Università di São Paulo – UNESP.
[8] L’espressione (kill with kindness) si riferisce a quanto sostenuto durante la sua relazione da Richard Haigh, Presidio Slow Food della pecora Zulu. Si noti che la traduzione proposta da Slow Food, “morte dolce”, contiene in sé un’ulteriore slittamente semantico, richiamando per il pubblico italiano il concetto di “eutanasia”.

giovedì 25 ottobre 2012

Che cos'è lo sfruttamento sostenibile?

Che cos'è lo sfruttamento sostenibile?
Uno scherzo? Una provocazione?
Forse un'allusione alle guerre umanitarie?
O alle missioni di pace?

Siamo andati, due anni fa, a chiederlo a Slow Food, l'associazione che organizza il Salone del Gusto di Torino.

Abbiamo pensato che fosse - Slow Food con il suo Presidente Carlo Petrini - una delle realtà più ferrate sul tema, dato il gran parlare che fa di produzioni "sostenibili", allevamento "etico", rispetto dei diritti.

Siamo andati a chiederlo l'anno scorso alla fiera della pesca sostenibile, Slow Fish (eh sì, ci ha incuriosito anche la pesca sostenibile, lo ammettiamo).

Siamo andati a chiederlo alla cerimonia di inaugurazione del Salone del Gusto 2012 e abbiamo volantinato alla stampa presente le ragioni di chi lo sfruttamento sostenibile, negli allevamenti bio-eco-compatibili, lo vive quotidianamente: gli animali.

Andremo a chiederlo pubblicamente, in piazza, domenica 28 ottobre.
Davanti al Salone del Gusto 2012, dalle 10 alle 19, presso Lingotto Fiere, via Nizza 280 - Torino.
Per chi vuole partecipare, i dettagli sono qui:

Nel frattempo, una prima risposta l'abbiamo trovata vedendo l'anteprima fotografica del Salone su corriere.it.

Probabilmente, lo sfruttamento sostenibile è questo:


mercoledì 17 ottobre 2012

Torino 28 ottobre: in piazza per gli schiavi non umani

DOMENICA 28 OTTOBRE
Torino, Lingotto Fiere, via Nizza 280
DALLE 10.00 ALLE 19.00

PRESIDIO CONTRO LO SFRUTTAMENTO "SOSTENIBILE
"

Associazioni e singoli possono inviare la propria adesione al presidio scrivendo a: bioviolenza@gmail.com
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Torna l'appuntamento biennale con il Salone del Gusto di Torino e "Terra Madre", iniziativa internazionale promossa da Slow Food con il finanziamento delle istituzioni statali, regionali e comunali.

Con il Salone del Gusto, torna anche, però, l'apologia della schiavitù animale. Migliaia di corpi senza vita saranno in vendita presso gli stand della fiera, fra i discorsi sulla sostenibilità ambientale e la difesa dei piccoli agricoltori.

Due anni fa il Progetto BioViolenza era andato a mostrare l'ipocrisia di chi parla di etica, diritti dei lavoratori del terzo mondo, equa distribuzione delle risorse alimentari, prodotti a km zero e persino di "benessere animale".

Due anni fa abbiamo rovinato la festa di questi signori, intervenendo senza invito alla conferenza finale di "Terra Madre", per ricordare le vittime senza voce che per l'allevamento "sostenibile" sono soltanto fonte di carne, latte, uova e non esseri senzienti, e per ricordare che etica e sostenibilità non possono essere promosse per alcuni soggetti (umani) a spese di altri (non umani).

Anche quest'anno, andremo a chiedere con determinazione un vero confronto con Slow Food sul tema che ci sta a cuore: è legittimo imprigionare e uccidere degli esseri viventi per la nostra alimentazione soltanto perchè non possono difendersi? E: se lo sfruttamento è "dolce", non inquina e produce cibi più salutari, diventa ammissibile?

DOMENICA 28 OTTOBRE - TORINO, LINGOTTO FIERE, VIA NIZZA 280

DALLE 10.00 ALLE 19.00

PRESIDIO CONTRO LO SFRUTTAMENTO "SOSTENIBILE
"


Evento facebook:  http://www.facebook.com/events/442004555841590/

www.bioviolenza.blogspot.it

giovedì 4 ottobre 2012

Slow Food e Terra Madre: lettera a Carlo Petrini

In attesa della tre giorni del Salone del Gusto / Terra Madre, che si terrà a Torino, e del presidio di controinformazione e protesta contro l'allevamento "sostenibile" organizzato per domenica 28 ottobre, pubblichiamo qui la lettera che abbiamo inviato a Carlo Petrini, presidente di Slow Food, come Progetto BioViolenza.

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Egr. Carlo Petrini,

a nome degli attivisti animalisti che in questi anni si stanno occupando dell'analisi di quella che noi definiamo “bio-violenza” o “happy meat” (vedi www.bioviolenza.blogspot.it/), vorrei ricordarle alcune questioni di cui abbiamo discusso sia con lei direttamente che con alcuni rappresentanti di Slow Food.

Al Salone del Gusto di Torino di due anni fa, gli animalisti hanno distribuito per tre giorni migliaia di volantini per denunciare la mancanza di un punto di vista etico diverso dal vostro in un evento che fa dell’etica il suo cavallo di battaglia. Con un blitz all’assemblea finale di “Terra Madre”, davanti a migliaia di delegati e giornalisti da tutto il mondo, alcuni attivisti si erano conquistati anche lo spazio per evidenziare quella posizione, tutta antropocentrica, di chi discetta di etica, benessere e sostenibilità, mentre nello stesso tempo non riesce ancora a fare a meno dello sfruttamento e dell'uccisione di altri viventi senza porsi problemi di coscienza, per'altro in sintonia con fette importanti di popolazione "sensibile" e di realtà produttive “sostenibili”, sia per quanto riguarda le condizioni dei lavoratori, lo sviluppo locale e la tutela dell'ambiente, ma non ancora, purtroppo, nei confronti della sofferenza degli animali.

Abbiamo contestato “Slow Fish” a Genova. Se i mammiferi sembrano meritare almeno un abbozzo di discussione sulle modalità con cui dovrebbero poter condurre la loro breve vita, è evidente che i pesci non godono nemmeno della minima considerazione. L’unico problema che Slow Food considera sono i danni agli ecosistemi, all’ambiente, alla quantità di fauna marina disponibile. Della sofferenza dei pesci non interessa nulla a nessuno, neppure ai vostri “esperti” biologi marini che negano ancora, nonostante i molti studi di etologi illustri sull’argomento, che il sistema nervoso dei pesci sia sensibile al dolore in modo paragonabile a quello dei mammiferi (nel caso volesse approfondire, abbiamo una registrazione -che possiamo spedirle- con il Presidente del Comitato Scientifico, dott. Silvio Greco, che durante il colloquio con una nostra delegazione a “Slow Fish” anacronisticamente sosteneva una differenza qualitativa della sofferenza tra pesci e altri animali terrestri – sic).

In queste circostanze ci avete detto che il dialogo con gli animalisti è auspicabile, che dovrebbe essere incentivato e ci avete spronato ad un confronto, e siamo qui a ribadire e rinnovare la nostra disponibilità.

Molte persone che gravitano intorno a Slow Food sono anche animaliste: lo dimostrano, oltre alla quantità dei vostri associati vegetariani e vegani, gli applausi che hanno accompagnato le parole di protesta a favore della "liberazione" animale durante il blitz di cui sopra. Anche per questo riteniamo doveroso proporre la discussione etica sull’importanza della vita dei singoli individui animali al centro del vostro/nostro dibattito.

Chiediamo quindi di partecipare alla prossima edizione del Salone del Gusto di Torino con un intervento corposo e non occasionale, fortuito o strappato con la furbizia. Vorremmo dunque concordare con lei direttamente (o con uno degli organizzatori principali dell’evento) le modalità di un nostro intervento, in occasione della Conferenza finale di “Terra Madre”. Vorremmo dare voce agli ospiti muti che, loro malgrado, parteciperanno alla fiera, nella speranza di aprire un dibattito serio e costruttivo sull'utilizzo degli animali nella produzione, mettendo in discussione anche il concetto – per noi ambiguo – di “benessere animale”. Uno spazio ufficiale con pari dignità rispetto agli altri potrebbe dimostrare che, almeno sul piano del dibattito, il tema dei soggetti animali ha analoga considerazione rispetto agli altri importanti temi etici di cui Slow Food si è fatta carico in questi anni. Siamo certi che, a differenza di come è stato in passato, si possa reciprocamente considerare il dibattito sul tema come un'importante opportunità di confronto.



Bio-violenza

www.bioviolenza.blogspot.it

martedì 2 ottobre 2012

28 ottobre, Salone del Gusto di Torino: in piazza contro lo sfruttamento sostenibile



Torna l'appuntamento biennale con il Salone del Gusto di Torino e "Terra Madre", iniziativa internazionale promossa da Slow Food con il finanziamento delle istituzioni statali, regionali e comunali.


Con il Salone del Gusto, torna anche, però, l'apologia della schiavitù animale. Migliaia di corpi senza vita saranno in vendita presso gli stand della fiera, fra i discorsi sulla sostenibilità ambientale e la difesa dei piccoli agricoltori.


Due anni fa il Progetto BioViolenza era andato a mostrare l'ipocrisia di chi parla di etica, diritti dei lavoratori del terzo mondo, equa distribuzione delle risorse alimentari, prodotti a km zero e persino di "benessere animale".

Due anni fa abbiamo rovinato la festa di questi signori, intervenendo senza invito alla conferenza finale di "Terra Madre", per ricordare le vittime senza voce che per l'allevamento "sostenibile" sono soltanto fonte di carne, latte, uova e non esseri senzienti, e per ricordare che etica e sostenibilità non possono essere promosse per alcuni soggetti (umani) a spese di altri (non umani).



Anche quest'anno, andremo a chiedere con determinazione un vero confronto con Slow Food sul tema che ci sta a cuore: è legittimo imprigionare e uccidere degli esseri viventi per la nostra alimentazione soltanto perchè non possono difendersi? E: se lo sfruttamento è "dolce", non inquina e produce cibi più salutari, diventa ammissibile?

DOMENICA 28 OTTOBRE - TORINO, LINGOTTO FIERE, VIA NIZZA 280
DALLE 10.00 ALLE 19.00
PRESIDIO CONTRO LO SFRUTTAMENTO "SOSTENIBILE

lunedì 25 giugno 2012

Una visita a "Terra Madre": la capra



Tanti anni fa incontrai una capra: era la capra di Saba. Si erano parlati , la capra legata e il poeta, e il linguaggio universale del dolore per l'ingiustificabile costrizione aveva creato quella misteriosa solidarietà che rende tutti gli animali eguali. L'ho incontrata in altre sofferte occasioni e l'ultima volta risale a qualche giorno fa.

Durante la manifestazione allegra e colorata di Slow Food, Terra Madre, organizzata nel parco di Monza in una bella giornata di sole, lei era là. Dopo le lunghe file di ortaggi a Km zero, vini bio, giocattoli di legno non trattato e tutte le rigogliose offerte della natura e del territorio, eccola là in fondo. Qualcuno la rimestava nel pentolone, ridotta a pezzi, distribuita a prezzi "democratici" agli avventori ecocompatibili, tutti coscienziosi nel dividere i rifiuti, vetro carta organico, fieri della nuova moralità alternativa da trasmettere alla prole, se la gustavano ben bene, poca ma buona, bio allevata, fa bene alla salute e non inquina.

domenica 13 marzo 2011

La Stampa: articolo sul blitz al salone del gusto





SILVIA FRANCIA: articolo su La Stampa (originale qui)

TORINO
Il sangue, quello era finto, ma i brividi da suspense hanno percorso davvero l’anfiteatro del PalaIsozaki, almeno per una decina di minuti. Tanto è durata l’incursione, ieri sera, durante la cerimonia che ha chiuso Terra Madre, di un gruppo di animalisti capitanati da un ragazza armata di megafono per gridare le sue ragioni alla platea affollata, mentre un suo «collega» si rotolava sul palco con gli abiti macchiati di rosso. Un colpo di teatro, in favore di «quelli che sono, senza volerlo, i veri protagonisti del Salone del Gusto e cioè gli animali, costretti a vivere alla catena o in gabbia, prima di venire uccisi».

Così, i difensori a oltranza della fauna, dopo giorni di pacifico, seppur polemico, sit-in davanti al Lingotto, hanno deciso di scendere in campo e dar fiato alle trombe, incalzando i vertici di Slow Food, tutti sul palco per l’occasione. «Voi parlate di etica, ma cosa vi fa credere di essere padroni della vita e della morte di altri esseri?».

Un’invasione di campo urlata sì, ma non violenta, tanto che gli organizzatori hanno deciso di non interrompere l’imprevisto comizio che si è concluso in breve. In tempo, comunque, per consentire a Carlin Petrini e al presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese, assieme ai numerosi relatori, di portare a termine il compito che si erano prefissi. Ovvero illustrare il documento su «Sostenibilità e politiche ambientali», che è stato il tema portante di questa quarta edizione di Terra Madre.

Il foglio, articolato in otto capitoli, e fondato su una ricerca dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo su temi che spaziano dal «diritto al cibo» all’ecologia alla tutela della biodiversità alla salvaguardia dei patrimoni della tradizione, verrà presentato in tutto il mondo il 10 dicembre, in occasione del «Terra Madre day». Con l’applauso a questa carta, che rispecchia il «Terra Madre pensiero» a tutela quegli ultimi che, secondo Petrini, «sono gli unici a insegnarci davvero la vita», è calato il sipario sulla manifestazione. Una kermesse cresciuta rapidamente e che ha coinvolto - in una girandola vorticosa di incontri e convegni - oltre 6.400 persone, provenienti da 160 Paesi del mondo, tra contadini, allevatori, cuochi, pescatori, artigiani, ma pure studenti, studiosi, musicisti e docenti universitari.
Clicca qui per la galleria fotografica della stampa.