"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

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venerdì 20 ottobre 2017

27 ottobre a Milano - presidio contro il convegno COOP

COOP, “Alleviamo la salute” (ovvero: “come uccidere più animali senza riempirli di antibiotici”...): noi non ci stiamo!

“Più salute per gli animali, più salute per gli esseri umani”. È questo lo slogan del convegno che si terrà venerdì 27 ottobre (ore 16) alla Facoltà di Veterinaria di Milano. L’evento è organizzato da COOP Italia per la sua campagna “Alleviamo la salute”, e prevede la partecipazione del Ministro dell’Agricoltura, dell’assessore alle Politiche Sociali di Milano, dell’assessore all’Agricoltura della Regione, dei vertici COOP, di esperti universitari e di un’organizzazione “animalista”, Animal Equality Italia.

Il tema del convegno è l’antibiotico-resistenza, e lo slogan la dice lunga su quanto l’interesse per il benessere animale sbandierato da COOP Italia sia funzionale semplicemente alla commercializzazione di carni più affidabili per il consumatore, più “sane” e, in ultima analisi, più facili da vendere. Il segreto di Pulcinella che si cela dietro a questa facciata di attenzione alle condizioni degli animali, è che gli animali vengono come sempre segregati, ipernutriti e macellati. Il fine è sempre lo stesso: approfittare della sproporzione di forze in campo per fare quello che si desidera con i loro corpi, fino a farli letteralmente a pezzi da impacchettare. Perché? Altro segreto di Pulcinella: per fare soldi.

Siccome, però, i consumatori sono inquieti (un po’ perché ormai sanno che gli animali non umani soffrono come noi, un po’ perché sanno bene che la carne e il latte che trovano nei supermercati non sono propriamente “genuine”), i big del settore e le istituzioni cercano di rassicurarle. Nessuna novità, tutto sommato.

La novità è che, in questo caso, hanno cercato il sostegno di un’organizzazione “animalista”. Un’associazione che fa investigazioni con cui si denunciano le tragiche condizioni degli animali negli allevamenti intensivi, per intenderci. Il messaggio è chiaro: COOP, ministero e politicanti vari hanno a cuore i consumatori e persino il “benessere” degli animali, tanto da avere l’appoggio degli animalisti. La “carne felice”, un ossimoro vergognoso, avrebbe avuto anche il patentino di coloro che dovrebbero stare dalla parte degli animali. La presenza dell'associazione animalista, annunciata in un primo momento, è stata poi eliminata.

In ogni caso, agli animali non basta un po’ di benessere.
Provate a pensarci.


Fin dalla nascita siete programmati per diventare carne. Venite separati dai genitori prestissimo e nutriti artificialmente. Non vedrete mai la luce del sole o, se siete “fortunati”, ogni tanto vi faranno andare al pascolo o a razzolare in un capannone. Se siete polli o conigli, probabilmente starete stipati in una gabbia minuscola con vostri simili e impazzirete in breve tempo, fino a procurarvi lesioni ovunque. Se siete mucche, verrete ingravidate e spremute senza sosta. Se proverete a scappare, vi “abbatteranno”, come dicono loro per non dire che vi spareranno in mezzo alla strada. Avreste potuto vivere 20 anni, ma dopo qualche mese, dopo uno o due anni al massimo, vi spingeranno a forza su un camion, e poi giù verso uno strano posto in cui risuonano le grida disperate dei vostri compagni e l’aria odora di sangue rappreso. E poi vi uccideranno (“macellazione umanitaria”, la chiamano nei paesi ricchi: un colpo in testa). Poi vi faranno a pezzi per vendervi. Ma attenzione: nel bel mezzo di questa vita-non-vita, arrivano gli esperti del ministero che diranno che, per il vostro bene, non bisogna darvi troppi antibiotici. Fanno male a voi e a chi vi comprerà al supermercato. Probabilmente, non vi scandalizzerete neppure: alle prese per il culo sarete ormai abituati.

Tutti gli animali, umani e non, hanno bisogno di libertà, di una vita libera da schiavitù.
Noi stiamo dalla loro parte.

Antispecist* contro la “carne felice”

L'evento aderisce alla Settimana per l'Azione Antispecista

lunedì 8 febbraio 2016

La favola della carne felice

Fonte: Earth Riot


Apri la bocca, chiudi gli occhi… voltati mentre li uccidiamo!

Manca solo quest’ultima parte al video promosso dall’associazione Compassion in World Farming Italia in merito alla campagna “Non nel mio piatto” lanciata di recente e mirata a sensibilizzare il consumatore sulle condizioni degli animali negli allevamenti intensivi attraverso un lavoro di ipocrisia e la strumentalizzazione di termini privati di ogni significato e valore, come “sostenibilità” e “benessere animale”.

lunedì 13 aprile 2015

Expo 2015 - Nutrire il pianeta, riempire i macelli

Fonte: www.liberazioni.org

Expo 2015 - Nutrire il pianeta, riempire i macelli
di M. Reggio



Expo 2015 si avvicina. Con il suo slogan, «Nutrire il pianeta, energia per la vita», il Primo maggio (data non casuale) avrà inizio a Milano l’Esposizione Universale che costituirà «il più grande evento mai realizzato sull’alimentazione e la nutrizione»[1]. Come è noto, questa iniziativa costituisce per il capitalismo un momento importantissimo di rilancio, autocelebrazione, promozione e diffusione del proprio ordine simbolico, ma anche di pubblicizzazione di merci, settori produttivi, tecnologie e servizi. La corsa verso questo appuntamento – che si è rivelata una corsa a ostacoli fra le insidie della cor ruzione politica e finanziaria e le più oscene e imbarazzanti infiltrazioni mafiose – non può che registrare lo sviluppo di una critica e di un’opposizione a partire dal territorio interessato. Expo ha un carattere ideologico e concretamente devastante sulle vite delle persone. Da quando il capoluogo lombardo è diventato ufficialmente sede dell’esposizione (marzo 2008), associazioni, gruppi e comitati, che hanno intrapreso un lavoro di smascheramento e controinformazione su questo evento, si sono riuniti sotto la sigla No Expo, che ha organizzato diverse iniziative di approfondimento e di protesta.

lunedì 23 giugno 2014

Dall’Expo a Fico… la filiera corta dello sfruttamento! - 27 giugno a Milano

VENERDI’ 27 GIUGNO’014 dalle 19
eat2
Iniziativa organizzata da Eat the Rich. Dall’Expo a Fico, passando per SlowFood, Coop e Eataly: la filiera corta dello sfruttamento!
- h19 Video sull’Expo. Presentazione della storia dalla prima edizione a quella di Milano: storia, eventi collegati. A cura del collettivo Off Topic (Milano)
- h20,30 Cena autogestita a cura di Eat the Rich!
- h21.30 Presentazione di “Nessuna faccia buona, pulita e giusta a Expo2015″, dossier su SlowFood, Coop Italia e Eataly. A cura del collettivo Farro&Fuoco (Milano).
* * * * * * * * * *
Come Eat the Rich! ci siamo mossi dalle ormai fatidiche domande, se fosse possibile avere dei pranzi che fossero buoni e alla portata delle tasche di tutt@, fuori dalle logiche della grande distribuzione organizzata che giocano al ribasso sui prezzi ma anche sulla qualità, avendo accesso ai prodotti nel rispetto dei tempi della natura e liberi da ogni sfruttamento del lavoro. Le nostre risposte le abbiamo trovate autorganizzandoci in cucine collettive, mettendoci in rete con produttori locali, CampiAperti, Gruppi d’Acquisto, SosRosarno, Genuino Clandestino. 

Allo stesso tempo ci siamo resi conto di quanto anche il capitale negli ultimi anni si stia riorganizzando per mettere a valore, e sfruttare il più possibile, il cibo e il discorso attorno all’alimentazione. 
Non è un caso che la prossima Esposizione Universale che si è aggiudicata Milano abbia come claim “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Non è un caso che uno degli imprenditori più promossi dalla stampa, e ora anche dal suo amichetto Renzi al governo, sia quel Farinetti di Eataly. Non è un caso che anche qui a Bologna si provi a cavalcare questo trend – nell’ultimo disperato tentativo di rilancio della città dopo essersi già autocastrata come Bologna la rossa, la creativa, Bologna degli studenti, città della musica, la smart city – ci si prova adesso col cibo: City of food is Bologna. E via con i mega-progetti, con i soliti noti pronti a spartirsi la torta. Dal mercato di mezzo alla grande opera FICO, Farinetti e le Coop su tutti.

E’ per questo che abbiamo invitato due realtà che a Milano da tempo stanno lavorando per fare controinformazione e opporsi all’Expo2015. Evento che racchiude in sé molte delle contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Dalla speculazione edilizia e la gentrificazione di interi quartieri, allo sfruttamento di forza lavoro, precarizzazione a lavoro gratuito mascherato da formazione e stage. Il tutto condito con l’enfasi e l’appeal delle più classiche operazioni di green-washing e la retorica del grande evento. 

Riteniamo importante insistere nel costruire il più collettivamente possibile percorsi di lotta comuni in opposizione alle Grandi Opere e ai Grandi Eventi con tutto il loro portato di precarizzazione e sfruttamento. Vorremmo fosse un’occasione di discussione per la città e le sue realtà attive, per confrontarsi su quanto sta avvenendo sul piano nazionale e, in piccolo, su quello locale, per riempire di contenuti e sostanziare la nostra opposizione alle politiche degli amministratori locali, del governo Renzi e dei suoi capitani d’industria Poletti e Farinetti. 

Stay foolish, 
Stay hungry, 
Eat the Rich!

venerdì 6 giugno 2014

Nessuna faccia buona, pulita e giusta a EXPO 2015 - il dossier di "Farro & fuoco"

Un dossier su EXPO e sfruttamento animale.

Il testo Nessuna faccia buona, pulita e giusta a EXPO 2015 – Dossier su Slow Food, Coop Italia e Eataly è una critica del grande evento milanese che, concentrandosi sui tre attori che danno sostanza al tema ufficiale, intreccia analisi del discorso pubblico, politica economica e antispecismo. Autore di questo dossier, uscito nel maggio 2014, è il gruppo  “Farro&Fuoco – Alimenta il conflitto.

Il testo analizza in modo critico la retorica del "benessere animale" e della "sostenibilità" di Slow Food, COOP e Eataly, e la loro funzione all'interno dell'organizzazione di EXPO 2015.

Qui è possibile scaricare il dossier: http://boccaccio.noblogs.org/post/2014/05/29/nessuna-faccia-buona-pulita-e-giusta-a-expo-2015/


domenica 2 dicembre 2012

Coop: battiamo le zampe!

Battiamo le zampe! Battiamo le mani! Due, quattro, dieci! Bravi! Bravi!

Grazie Coop! La tua attenzione (possiamo darci del tu, vero? visto che la Coop sono io…) nei confronti del benessere animale mi commuove. Sono esterrefatta per la sensibilità che dimostri nei confronti della sofferenza degli animali, le tue premure per il loro benessere mi commuovono potrei dire… fino alle lacrime…
E sei brava non solo da oggi. Continui a vincere premi peril consumo più etico e sostenibile. Coop, il tuo interesse per gli animali è grandioso, sono orgogliosa che nei vai orgogliosa (la Coop sono io, no?).

Coop, ho visto le tue pubblicità negli anni: pezzi di animali esibiti come opere d’arte, artiste comiche che scherzano sugli occhi morti delle triglie, inviti continui al consumo di carne… ma non mi preoccupo: so che tu/io ci teniamo davvero agli animali. Che possano vivere, e che diamine, bene, prima di diventare prodotti sostenibili, anzi, etici. Se son morti felicemente ci sono ragioni ancora più buone per mangiarli con gioia. Grazie Coop che mi rincuori dai crucci che stavano iniziando a farmi perdere l’appetito. Ora sto tranquilla e felice.
Coop, il premio Good Chicken mi fa comprare il pollo con tutto un altro gusto. Adesso che so che il pollo Coop ha migliori condizioni di vita, me lo ingurgito con piacere doppio. Anche le fantastiche uova di galline allevate a terra. Che forte che sei (che siamo!)! Solo uova di galline che invece che stare in piccole gabbiette stanno in grossi capannoni. Chissà come si divertono in tutta quella beatitudine…

Coop, posso dirti una cosa? Coop, il tuo/mio amore per gli animali mi sta facendo respirare con fatica… E’ un amore che soffoca… Coop, la tua/mia ipocrisia ha raggiunto livelli così schifosi che inizio a stare male, mi gira la testa, mi fai/faccio schifo.

Coop, ti/mi darei un premio per il migliore scherzo di cattivo gusto giocato sulla pelle degli animali.

Coop, se fossi una gallina e potessi dirti cosa penso, credo che ti manderei bellamente affanculo.

Alessandra Galbiati

martedì 27 novembre 2012

La Coop colpisce ancora: quando la violenza diventa arte

La Coop colpisce ancora, anche se questo video è di qualche anno fa.

La Coop colpisce sempre le nostre coscienze, la nostra sensibilità, e anche il nostro fiuto per l'ipocrisia.
Non è la prima volta, e ne abbiamo già parlato (qui e qui).

Soprattutto, però, colpisce (letteralmente) dei corpi. I corpi di quegli animali che vengono allevati, uccisi, macellati, fatti a pezzi e adagiati sui banconi dei punti vendita.
Come se non bastasse, quei corpi che ormai sono merci da vendere, subiscono l'ulteriore offesa di essere esposti pornograficamente allo sguardo divertito dei consumatori: "la qualità è un'arte".


Diciamolo: la violenza è un'arte. Ma è sempre violenza.

BioViolenza
Al mattatoio sani e felici

martedì 6 novembre 2012

Amadori, Barilla, Coop: un "impegno coerente" per gli animali

da www.antispecismo.net

Amadori, Barilla, Coop: un “impegno coerente” per gli animali


Marco Reggio

“... di sangue han sporcato il cortile e le porte
chissà quanto tempo ci vorrà per pulire...”


Negli ultimi tempi, diverse voci hanno messo in guardia contro la retorica della “carne felice” e del benessere animale[1]. La strategia di rassicurare i consumatori mostrando il lato “buono” dello sfruttamento animale si esprime attraverso la voce dell’industria alimentare, ma non solo.

La legislazione, sempre più spesso, formula principi generali improntati al “rispetto” degli schiavi non umani, e talvolta li traduce in normative specifiche tese a garantire degli standard minimi di attenzione alla sofferenza degli animali da reddito. Abbiamo così la percezione – soprattutto nei paesi industrializzati – di vivere in una società in cui gli allevamenti di galline sono perlopiù “a terra” (che nell’immaginario collettivo significa anche “all’aperto”), i vitelli stanno con la madre, la macellazione è un atto incruento, fatta eccezione per qualche deroga alle prescrizioni religiose di popoli che, in breve tempo, si convertiranno alle nostre più “civili” abitudini...

Contribuiscono a questa percezione gruppi, associazioni, enti che cercano di diffondere valori che, per vari motivi, hanno a che fare con lo sfruttamento “dolce”. É il caso di Slow Food[2], che nasce e si sviluppa su temi come la sovranità alimentare, la sostenibilità ambientale e la gastronomia di qualità. É il caso del settore del cibo certificato biologico, un settore che muove dalla volontà di tutelare il consumatore umano dalle derive più malsane e dissipatorie dell’attuale sistema produttivo, creando al contempo un buon volume di affari. É il caso della legislazione comunitaria europea sulla tutela degli animali da allevamento[3]; ed è naturalmente il caso della propaganda pubblicitaria di alcuni degli stessi grandi e piccoli produttori, i più attenti alle richieste del consumatore di oggi, sempre più “disturbato” dalle immagini degli allevamenti intensivi.

Ma ci sono anche realtà che si occupano di “proteggere” gli animali, fra i sostenitori della carne felice.

“Tutto il nostro plauso va a Barilla[...], Amadori[...] e Coop” (Compassion in World Farming).

Pochi giorni fa, Compassion in World Farming[4] ha assegnato i Premi Europei Benessere Animale 2012. Questa quinta edizione della manifestazione ha visto protagoniste le aziende italiane. Coop Italia, Barilla e Amadori sono state premiate per l’”impegno coerente per il miglioramento delle condizioni di vita degli animali allevati per produrre cibo”[5].

La notizia farà sorridere – o scandalizzare – molti animalisti, almeno quelli coscienti del fatto che ogni misura per il benessere animale non è nulla di fronte alla schiavitù degli allevamenti. Tanto più se i passi fatti dalle aziende sono piccoli, così piccoli da ridursi ad operazioni di immagine. É il caso di dire: piccoli a piacere. Pare dunque superfluo rilevare l’ipocrisia di questi premi. Ed è anche banale rilevare come lustrare la facciata presentabile sia un modo per giustificare attività che di presentabile hanno ben poco.

Può essere tuttavia utile sottolineare quali mosse – tutte di tipo linguistico – permettano di far passare la pubblicizzazione dello schiavismo per un’opera di carità. Oltre che utile, è anche facile, dato il livello di sfrontatezza di questi signori. Basta vedere che cosa dichiarano alla stampa.

Coop. Di questa azienda è stato già detto qualcosa, relativamente alla capacità di costruirsi un’immagine pulita agli occhi degli “amanti degli animali”[6]. Al ritiro del premio, il Responsabile Sostenibilità, Innovazione e Valori di Coop Italia dichiara “migliorare le condizioni di allevamento significa non solo garantire agli animali allevati una vita degna di essere vissuta ma anche migliorare la loro salute”. L’espressione “vita degna di essere vissuta” è certamente pretenziosa. Chi l’ha pronunciata sembra essere proprio sicuro che negli allevamenti si possa garantire una vita dignitosa, anzi è certo che Coop la garantisca. Noi qualche dubbio lo abbiamo. Siamo sicuri, però, che le vite delle mucche spremute per produrre latte, o quelle dei vitelli, dei maiali, dei polli ingrassati negli allevamenti, o ancora quelle dei pesci imprigionati nelle reti, sono per i supermercati Coop vite degne di essere violate. Un buon profitto è infatti garantito – nel rispetto del benessere animale, s’intende... – ogni volta che queesta vita “degna di essere vissuta” smette di essere vissuta. Ovviamente, nel momento in cui qualche esperto Coop ha deciso che è arrivata l’ora del macello.

Qualcosa di più rivelatore ci dice Barilla. La dichiarazione alla cerimonia, resa dal Direttore Salute, Sicurezza, Ambiente ed Energia, è quasi un lapsus: “Il benessere degli animali da allevamento è un valore per Barilla”. Non abbiamo dubbi, in effetti, che sia così. Il benessere animale è proprio un ottimo investimento. A voler essere un po’ cinici, potremmo calcolare in termini di introiti (garantiti dal rientro d’immagine) ogni metro quadro di allargamento delle gabbie, o ogni balla di fieno aggiunta per mettere a loro agio i prigionieri. Non dubitiamo neppure che vada preso alla lettera quello che Barilla aggiunge subito dopo: “un’impegno che non si fermerà bensì continuerà, saldamente ancorato nella nostra strategia di sostenibilità”. Sostenibilità degli allevamenti, sostenibilità del marketing.

Un concetto simile sembra esprimere Amadori, per bocca della Responsabile Corporate Communication: “il Premio Good Chicken di Compassion per Il Campese e il Pollo 10+ ci dice solo una cosa: che ancora una volta siamo sulla strada giusta”. Ed è vero: queste aziende sono sulla strada giusta per nascondere il sangue che turba i loro clienti.

“Chissà quanto tempo ci vorrà per pulire... ”.

Con l’aiuto di imprese di pulizia come Compassion in World Farming, forse neanche troppo.

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Note

[1] Si vedano, per es.: M.Cole, Dagli “animali macchina” alla “carne felice”. Un’analisi della retorica del “benessere animale” alla luce del pensiero di Foucault sul potere disciplinare e su quello pastorale, in “Liberazioni” n.3; E.Brocca, L.Caffo, M.Reggio, Prigionieri Felici, in “Altri Versi”, Oltre la Specie; Le 5 Libertà: tanto rumore per nulla; e, in generale, il progetto BioViolenza

[2] Cfr.: http://bioviolenza.blogspot.com/2012/10/slow-food-e-terra-madre-lettera-carlo.html.

[3] Si veda, Animal Welfare: uccidere con gentilezza.

[4] http://www.ciwf.org.uk/.

[5] http://www.ansa.it/terraegusto/notizie/rubriche/salute/2012/10/29/Premiate-3-aziende-italiane-benessere-animale_7713140.html. Le dichiarazioni delle aziende, riportate di seguito, sono tutte tratte da questo articolo.

[6] Cfr. La Coop sei tu.

martedì 18 settembre 2012

La coop sei tu


L'immagine qui a fianco è tratta da un manifesto pubblicitario COOP.
"Oltre al danno, la beffa", verrebbe da dire.
 Ma, per l'ennesima volta, dobbiamo ricordare che la beffa non è fine a se stessa. Essa fa parte di una strategia che mira a sdoganare la mattanza degli animali - ed il consumo dei loro corpi - come fenomeni accettabili, la cui problematicità può essere ignorata grazie all'intervento degli specialisti del "benessere animale". Nessun complottismo da quattro soldi: non è una strategia occulta, ma un meccanismo che perlopiù agisce autonomamente, con qualche piccolo aiutino da parte del marketing più scaltro e lungimirante.

Certo, i pubblicitari che hanno ideato questo manifesto devono avere bene in mente che esiste una fetta di consumatori che prediligono un supermercato che ha fatto dell'"etica" il proprio marchio di fabbrica, e che questi consumatori si impressionano quando pensano agli allevamenti intensivi, a migliaia di mucche private dei figli e stipate in spazi angusti. E dunque - non sia mai! -, gli animali COOP hanno "tutte le cure che meritano". E chissà perchè nessuno dice quali sono queste cure. Forse così è più facile immaginarsi immensi prati verdi popolati da bovini felici al pascolo.
Ma soprattutto, è più facile non pensare alla fine che faranno, questi schiavi più "fortunati" a marchio COOP. La stessa dei loro simili rinchiusi negli allevamenti industriali, in sostanza, quella che nessuno - a conti fatti - meriterebbe: il macello.

Varie volte abbiamo denunciato la retorica della "carne felice". Raramente, però, ci è sembrata così appropriata, un'immagine, per mostrare come essa opera. Si suggerisce, qui, che lo schiavo sia contento di donarsi a noi. Un gesto di cuore,  di una generosità simboleggiata dalle corna a forma, appunto, di cuore. Quasi grottesche, a ben vedere, sotto una frase che non dissimula neppure il reale status di queste vittime dell'industria "sostenibile": "capi di bestiame", una sorta di lapsus del marketing della carne felice.