"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

lunedì 23 dicembre 2013

200.000 motivi + 1

Riceviamo dal Coordinamento Liber*Selvadec e pubblichiamo:

Volantino distribuito durante il corteo nazionale organizzato dall’associazione essereAnimali a Modena per “l’abolizione degli allevamenti di animali da pelliccia”. 

200.000 MOTIVI +1
 
“Con tutti gli occhi la creatura vede 
l’aperto. Solo i nostri occhi sono 
come volti all’indietro e attorno ad essa,
trappole, poste tutte intorno
al suo libero uscire. Ciò che fuori é
noi lo sappiamo solamente dal volto
dell’animale.”
R. M. Rilke, Elegie duinesi

Questo particolare periodo dell’anno è tristemente noto per l’uccisione, negli allevamenti, di milioni di visoni: viventi che, negli ingranaggi di questo sistema, diventano oggetto, merce.
Nell’ultimo anno la situazione, per i visoni, è decisamente peggiorata: nuovi allevamenti, realizzati e progettati, si aggiungono a quelli già esistenti.
La realtà ci dimostra che l’allevamento dei visoni è tutt’altro che in crisi: il settore cresce di anno in anno e le previsioni e le speranze dell’AIAV (Associazione Italiana Allevatori Visone) sono che, nei prossimi anni, decuplicherà addirittura.
Si stringe, anche in questo comparto del “Made in Italy”, un insidioso sodalizio tra “tradizione”, “economia globale” e “ecocompatibilità”.
Nel solco della “tradizione” i consolidati sistemi di allevamento di altri animali si incontrano con le nuove forme dello sfruttamento: sempre più tecnologiche e più “rispettose” del benessere animale.
“Un tipo di allevamento dove il benessere animale è curato ai massimi livelli, e non potrebbe essere diversamente proprio perché il benessere dell’animale diventa di conseguenza il benessere dell’allevatore.” (Giovanni Bellina, allevatore di visoni)
Anche in questo settore la “globalizzazione” non è più letta come un problema ma un’ottima e remunerativa opportunità di soddisfare le richieste di un mercato sempre più vorace.
In questo connubio, non può non figurare la presunta sensibilità ambientalista: di fatto, i nuovi allevamenti si vantano del loro essere “assolutamente ecocompatibili”.  Gli allevatori con le loro aziende si ergono così a tutori e conservatori dell’ambiente dimenticandosi forse l’eredità ecocida lasciataci da decenni di iper-sfruttamenti di corpi e Terra.
Se gli allevamenti di visoni non sono in crisi, il discorso della “crisi” è comunque usato dai capofila dell’AIAV come un grande alibi per giustificare l’ingiustificabile ed incentivare sempre più l’adesione e la complicità a questo sistema di annientamento.
Sicuramente le responsabilità dell’attuale situazione di sfruttamento generalizzato, di disagio e miseria non vanno attribuite ad un singolo settore “sbagliato” ma all’intero sistema che nella sua concezione di mondo condanna, a priori, le esistenze di animali, umani e non, e della sopravvivenza della Terra stessa.
Questa, secondo noi, dovrebbe essere la reale crisi di cui dovremmo occuparci.
In quest’ultimo anno è fiorita un’opposizione a questi consolidati e nuovi progetti di allevamenti di visoni. Un’opposizione dalle molteplici voci che, nel portare le diverse istanze, esprime la pluralità di contenuti e pratiche: petizioni, manifestazioni, biciclettate, liberazioni di visoni dagli allevamenti. Qui, ci interessa soffermarci in particolare su quest’ultimo aspetto senza per questo metterlo necessariamente al di sopra di altre scelte di azione.
È importante ricordare che, negli anni passati, le liberazioni e i sabotaggi sono ciò che hanno maggiormente contribuito alla chiusura di numerosi allevamenti di visone in Italia.
Recentemente, sui giornali e siti internet, abbiamo letto le notizie di tre azioni che hanno portato alla liberazione di migliaia di animali e ai danneggiamenti delle strutture di detenzione in Emilia Romagna, Lombardia e in luogo sconosciuto.
Quello che ci interroga è come, all’interno dei diversi contesti antispecisti, vengano interpretate tali azioni. A seguito di alcune liberazioni, regnano piuttosto il silenzio o l’ambiguità. Nel migliore dei casi viene riportata la notizia dei media e, forse, se questi premono, un rapido commento in bacheca. Sentiamo che la mancanza di riflessioni e di chiare prese di posizione è forse un sintomo di una mediatizzazione che coinvolge e si insidia anche nel movimento di liberazione animale. Resistere alla società dello spettacolo è, di questi tempi, difficile di fatto sembra che la rincorsa alla “credibilità” produca una riflessione pre-confezionata per i media stessi o per il “proprio” pubblico.
Queste modalità sembrano agire in direzione di un de-potenziamento del radicale contenuto delle azioni di liberazione: esprime una netta rottura con i sistemi di sfruttamento, esplicita il conflitto e rintraccia le radici delle oppressioni.
Aprire delle gabbie ha un forte significato in sé. Non tutte le azioni di liberazione vengono rivendicate con degli scritti. In molti dei testi diffusi si percepisce forte la volontà di rompere con questo esistente, il rifiuto di sedere ai “tavoli delle trattative” e di iscrivere le azioni e le mobilitazioni dentro un percorso  legislativo. Il messaggio che viene espresso non si limita alla mera riproduzione della pratica stessa, bensì stimola lo sviluppo di un pensiero critico e radicale, da affinare e costruire costantemente nei percorsi di lotta. Le liberazioni ci restituiscono un senso, un bisogno di libertà. La questione è ben altra dal ricorrere ad esperti per valutare gli inevitabili impatti ambientali o per sostenere che il visone è ancora “parte della natura” anche fuori dalla gabbia.
Pensiamo che quello che avviene nei “territori delle pratiche” meriterebbe di essere preso in considerazione, anche solo per esprimere una critica, un dissenso, un apprezzamento…sarebbe forse segno di vitalità, di situazioni che si interrogano sul proprio e sull’altrui agire. Forse troppo spesso si utilizzano categorie o si scelgono forme discorsive che, più o meno implicitamente, rilegittimano i sistemi di sfruttamento o che generano ambiguità.
Siamo dalla parte di chi apre le gabbie.
Siamo dalla parte di quegli animali che corrono liberi nei campi, nella natura.
Coordinamento Liber*Selvadec
Bergamo, 21 Dicembre 2013

mercoledì 11 dicembre 2013

La nostra risposta a Compassion in World Farming

In seguito alla pubblicazione, da parte di BioViolenza e Campagne per gli Animali, dell'appello a prendere le distanze da CIWF - Compassion in Wolrd Farming (qui l'appello con la lista dei firmatari), CIWF ci ha scritto.
Abbiamo pubblicato qui gli argomenti di CIWF.

Desideriamo ora rispondere pubblicamente con alcune importanti precisazioni.

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Gentile Annamaria Pisapia,
vorremmo precisare alcuni punti riguardo la sua risposta alla campagna sottoscritta da molti gruppi animalisti contro le politiche welfariste di CIWF.

Se davvero questa fosse una battaglia intestina all'interno del frastagliato arcipelago animalista, Lei avrebbe ragione a lamentarsi della nostra scelta di schierarci contro CIWF cercando di coinvolgere il più gran numero di associazioni e gruppi animalisti.

Ci permettiamo però di avere seri dubbi sulla reale presenza di CIWF nel panorama animalista italiano. In questi ultimi 20 anni nessuno di noi ha mai visto né sentito né conosciuto alcun attivista della vostra associazione. Il vostro logo lo abbiamo visto, sì, ma solo affiancato a quello di aziende che di certo hanno ben altri scopi che preoccuparsi dell'olocausto animale: sulle tovagliette dei ristoranti Ikea, con la pubblicità Coop per arrivare addirittura ai premi ad Amadori e McDonald's (il peggio che un animale ed un animalista possono pensare come "compagni di strada").

Abbiamo, da quando esistono il coordinamento contro la bio-violenza e il corrispettivo sito, spesso segnalato e commentato le ipocrisie di chi, cercando di placare la cattiva coscienza del consumatore sensibile, gli svende la dignità animale, facendo passare orgogliosamente come una conquista un insignificante miglioramento della schiavitù animale. Se da qualche parte sui vostri siti ci fosse scritto bene, forte e chiaro (ma abbiamo cercato ovunque senza trovare nulla) che siete contro qualsiasi allevamento e uso di animali, le vostre politiche welfariste, per quanto non condivisibili da noi, non sarebbero certamente state bersaglio della nostra indignazione.
Non ci saremmo neppure troppo indignati se aveste scritto chiaramente da qualche parte che la vostra associazione è specista e antropocentrica ma contraria alla eccessiva sofferenza animale. Perché accanirsi con uno schivista buono che cerca di preservare la salute dei suoi schiavi e contemporaneamente avere prodotti migliori? Al massimo vi avremmo criticato (come abbiamo criticato Slowfood) per l'ipocrisia di parlare di etica senza condannare lo sfruttamento animale. 

Il vostro problema è che volete avere il piede in due scarpe e sperate pure che nessuno se ne lamenti! 

Il movimento per la liberazione animale, gentile signora Pisapia, non ha come scopo l'eliminazione della sofferenza animale. O meglio: l'eliminazione della sofferenza animale è sì un obiettivo ma che viene di conseguenza al fine principale che è la liberazione animale dal dominio umano. Ora lei capisce che, se del dominio incontrastato dell'umano CIWF non parla ma ne condanna solo gli aspetti più eclatanti e che inquietano lo sfruttatore medio, significa che l'eliminazione della schiavitù animale non è tra i suoi fini e scopi. Del resto come si potrebbe premiare Amadori se si stesse lottando per la liberazione animale?

Voi vorreste un mondo di schiavisti più gentili (e intanto supportate i peggiori schiavisti in circolazione a cui fate pubblicità per qualche manciata di paglia in più nelle lettiere degli schiavi); venirci a dire che siamo compagni di lotta offende molto per primi gli animali (che, come gli schiavi di un tempo desiderano innanzitutto la libertà e l'autodeterminazione) poi il lavoro di tutti gli attivisti che, senza nessun vantaggio economico e personale, lottano al loro fianco per aiutarli in questa disperata guerra sulla pietà.


La vostra associazione, proprio per l'ambiguità con cui cerca di farsi passare per animalista, per le argomentazioni che usa, per come confonde le idee alle persone più sensibili in un momento storico in cui finalmente si inizia a intravvedere qualche flebile speranza, per come considera ancora gli animali beni di proprietà, per le sue politiche stucchevoli e servili nei confronti della grande industria alimentare, per la sua estraneità alle campagne e battaglie animaliste, per la mediocrità dell'obiettivo finale che si propone, per il doppio standard che usa (se si rivolge ai carnivori suggerisce come scegliere conigli BIO di qualità, se si rivolge a vegetariani e vegan dice di stare lottando per la stessa causa comune), non può che continuare ad essere anni luce distante da noi.



L'unica cosa che davvero ci dispiace è che le associazioni animaliste più "tiepide", insieme a quelle che sottoscrivono la politica dei "piccoli passi" e quelle che credono che non si debba mai prendere posizione CONTRO (quasi che fosse disdicevole dissociarsi da chi inquina le idee e le prassi del più grande progetto rivoluzionario del millennio), potrebbero continuare a pensare che la vostra posizione ambigua non sia pericolosa. In questo periodo storico, dove occorre affermare in maniera inequivocabile che è possibile ripensare il mondo in un modo nuovo, che sia davvero compatibile con la dignità e la libertà di tutti i popoli animali, il vostro messaggio compromissorio e antiquato, è il nostro peggiore avversario.

Cordiali saluti
Bio-Violenza


Ps. Le chiediamo gentilmente dove sarebbe possibile poter prendere visione del bilancio (sia nazionale che internazionale) della vostra associazione.

martedì 10 dicembre 2013

La china scivolosa della compassione - CIWF risponde a BioViolenza

Compassion in World Farming Italia ci ha scritto in merito al nostro appello "La china scivolosa della compassione".

Con il loro consenso pubblichiamo qui, per completezza d'informazione, il testo integrale del messaggio.

(Qui invece la nostra risposta)
A: BioViolenza

Leggiamo con tristezza quanto da voi recentemente pubblicato contro la nostra organizzazione, che da oltre 40 anni si batte per mettere fine all’allevamento intensivo e al capitolato di crudeltà che esso comporta per miliardi di animali.

Come abbiamo scritto su Facebook, ancora una volta le guerre fratricide all’interno del movimento per i diritti/la protezione degli animali giova solo a chi sugli animali ci lucra veramente e nuoce agli animali stessi. Anzi, siamo certi che chi ad esempio detiene i suini nella maniera da noi fermamente denunciata nella campagna Sonodegno sarà molto compiaciuto di questo vostro atteggiamento.

Sia chiaro: accettiamo le critiche e crediamo nel dibattito costruttivo, ma purché fondato su onestà e fatti. Quello che invece riteniamo inaccettabile è il discredito dell’ “altro” basato sulla falsificazione della realtà. Dire, ad esempio, che la nostra organizzazione sia fatta di allevatori è una palese falsità.

Abbiamo solo approcci diversi al medesimo problema: la sofferenza animale.

Voi lavorate per un obiettivo di lungo termine (quello del veganesimo), noi per avviare un percorso su larga scala che porti a risultati concreti per gli animali che vivono ora e vivranno domani finchè tutto il mondo non diventerà vegano (concorderete che ahimé questo non accadrà in un futuro molto prossimo). Fino a quel momento abbiamo il dovere morale di aiutare questi animali- miliardi -per dare loro una esistenza migliore.

Non intendiamo convincervi e come abbiamo detto rispettiamo le differenze, essendo anche disponibili anche ad un incontro di approfondimento.

Quello che vi chiediamo è però di basare le vostre comunicazioni esterne, anche se critiche, sui fatti e non affermazioni diffamatorie.


Grazie e saluti
Compassion in World Farming


Leggi il testo dell'appello "La china scivolosa della compassione"

Adesioni all'appello (clicca qui)