"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

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martedì 10 dicembre 2013

La china scivolosa della compassione - CIWF risponde a BioViolenza

Compassion in World Farming Italia ci ha scritto in merito al nostro appello "La china scivolosa della compassione".

Con il loro consenso pubblichiamo qui, per completezza d'informazione, il testo integrale del messaggio.

(Qui invece la nostra risposta)
A: BioViolenza

Leggiamo con tristezza quanto da voi recentemente pubblicato contro la nostra organizzazione, che da oltre 40 anni si batte per mettere fine all’allevamento intensivo e al capitolato di crudeltà che esso comporta per miliardi di animali.

Come abbiamo scritto su Facebook, ancora una volta le guerre fratricide all’interno del movimento per i diritti/la protezione degli animali giova solo a chi sugli animali ci lucra veramente e nuoce agli animali stessi. Anzi, siamo certi che chi ad esempio detiene i suini nella maniera da noi fermamente denunciata nella campagna Sonodegno sarà molto compiaciuto di questo vostro atteggiamento.

Sia chiaro: accettiamo le critiche e crediamo nel dibattito costruttivo, ma purché fondato su onestà e fatti. Quello che invece riteniamo inaccettabile è il discredito dell’ “altro” basato sulla falsificazione della realtà. Dire, ad esempio, che la nostra organizzazione sia fatta di allevatori è una palese falsità.

Abbiamo solo approcci diversi al medesimo problema: la sofferenza animale.

Voi lavorate per un obiettivo di lungo termine (quello del veganesimo), noi per avviare un percorso su larga scala che porti a risultati concreti per gli animali che vivono ora e vivranno domani finchè tutto il mondo non diventerà vegano (concorderete che ahimé questo non accadrà in un futuro molto prossimo). Fino a quel momento abbiamo il dovere morale di aiutare questi animali- miliardi -per dare loro una esistenza migliore.

Non intendiamo convincervi e come abbiamo detto rispettiamo le differenze, essendo anche disponibili anche ad un incontro di approfondimento.

Quello che vi chiediamo è però di basare le vostre comunicazioni esterne, anche se critiche, sui fatti e non affermazioni diffamatorie.


Grazie e saluti
Compassion in World Farming


Leggi il testo dell'appello "La china scivolosa della compassione"

Adesioni all'appello (clicca qui)

lunedì 30 maggio 2011

GEAPRESS:Primo resoconto della contestazione a Slow Fish 2011

alcuni attivisti simulano la morte dei pesci per soffocamento e schiacciamento nella rete

Slow fish – la manifestazione … contro

GEAPRESS – Imprigionati nelle reti da pesca, senza possibilità di scampo in una lunga agonia, così gli attivisti del Progetto “BioViolenza” hanno rappresentato davanti agli ingressi della Fiera di Genova, dove si tiene la kermesse Slow Fish, la loro denuncia verso le crudeltà inflitte agli abitanti dei mari....
....Un centinaio di animalisti e antispecisti provenienti anche da Milano, Brescia, Pisa, e Piemonte hanno così contestato quella che vuole essere l’evento dedicato alla pesca “sostenibile” legata all’organizzazione di Slow Food e sostenuta dalla regione Liguria. segue>>



i veri protagionisti della kermesse...morti!Genova: slow fish o slow death?


Kermesse sulla pesca "sostenibile": Carlo Petrini apre agli animalisti, ma negli stand solito macabro campionario.


GEAPRESS – Aperta oggi la quinta edizione di Slow Fish presso la Fiera di Genova, fino a lunedì 30 la manifestazione voluta da Slow Food ed enti locali liguri per promuovere la pesca non industriale ma legata alle tradizioni locali.

Gli animalisti di BioViolenza vogliono però mettere sotto i riflettori la sofferenza silenziosa degli abitanti dei mari, milioni di pesci, crostacei e molluschi vittime anche delle pesche tradizionali, oltretutto anche loro complici del depauperamento dei mari ormai accertato anche dagli organismi internazionali indipendenti. segue>>

(fonte GEAPRESS )

sabato 28 maggio 2011

Cruelty free web radio: Genova, domani presidio contro SlowFish


Slow Food è un'associazione no-profit che attualmente conta circa 100 000 iscritti con sedi in Italia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Francia, Giappone, Regno Unito e aderenti in 130 paesi.

Nasce dalla voglia di promuovere stili di vita lontani dai modelli consumistici che ci vengono normalmente propinati; la sua filosofia è promuovere un'alimentazione sana, rispettando i ritmi delle stagioni, salvaguardando le tradizioni enogastronomiche locali, imparando a riconoscere e a dare importanza ai luoghi di produzione dei cibi che mangiamo, difendendo le specie autoctone e in via di estinzione.....Nasce, dunque, la fiera SlowFish che mira a tutelare le risorse marine e a salvaguardare appunto un mestiere che da queste risorse dipende.Dunque, ricapitolando pesca gusto, divertimento e reddito.

Ma chi sono i protagonisti assoluti (loro malgrado) di questa fiera? Gli chef? I pescatori? I visitatori?

No! I protagonisti inconsapevoli sono i pesci e tutti gli altri abitanti dei mari, laghi e fiumi, i più dimenticati, i più ignorati e i più indifferenti tra gli animali, spesso non considerati anche da coloro che si definiscono animalisti.

Messi in palio o ceduti in premio in occasione di pesche, lotterie, tiri a segno, maltrattati nei negozi di animali, nei ristoranti o nelle pescherie, i pesci, come molti altri animali, sono considerati oggetti inanimati di cui l'uomo può disporre a proprio piacimento. Per rendersi conto di quanto questi esseri subiscano nel quotidiano continui maltrattamenti, basta munirsi di un regolamento comunale per la tutela degli animali ove previsto o della legge 189/2004 per rendersi conto che la maggior parte dei negozi che vendono pesci, li detengono senza rispettare le loro caratteristiche etologiche, le dimensioni degli acquari e i sistemi di depurazione, oppure è sufficiente entrare in un ristorante per accorgersi che i crostacei hanno le chele permanentemente legate o ancora possiamo notare che la maggior parte delle pescherie li adagiano sul ghiaccio vivi ovviamente e per di più con le chele legate. segue>>

venerdì 13 maggio 2011

Articolo di un'attivista "contro slowfish"


Sono Ligure ma vivo poco fuori Milano. Mio papà per molti anni è stato cuoco nel ristorante di famiglia (dove le specialità erano tutte a base di pesce) e tra le tante cose che ricordo ce n'è una in particolare che mi ha sempre turbata: quando l’aragosta veniva messa viva in pentola e io sentivo urlare questo povero crostaceo… impotente, incredula, immatura mi allontanavo per non sentire più le urla, ma tutto questo mi rendeva profondamente triste…
Sono passati molti anni e io sono combiata, ho deciso che era giusto rispettare ogni essere vivente e ritengo che non siano da meno gli abitanti dei mari.
Proprio per questo insieme agli attivisti del progetto BioViolenza parteciperò al presidio (il 29 Maggio, Fiera P.le Kennedy) nel quadro delle iniziative di contestazione alla fiera “SlowFish” che si svolgerà a Genova dal 27 al 30 Maggio. segue>>

martedì 10 maggio 2011

"Liberazione": Slow Fish a Genova, pronta la contestazione

articolo su liberazione per mobilitazione a genova
di Alessandra Galbiati

Saranno in tanti, domenica 29 maggio a Genova, a contestare Slow Fish. Un’iniziativa che si preannuncia all’insegna della “sostenibilità” e delle antiche arti della pesca. L’evento è patrocinato da Comune, Provincia e Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ed è direttamente connesso a Slow Food.
Ci si può legittimamente domandare come mai gli animalisti si mobilitino contro una manifestazione che per molti versi promuove un cambiamento degli stili di vita più consumistici: un’alimentazione più sana, il rispetto degli equilibri dei mari, delle acque e della biodiversità, la difesa di categorie di lavoratori in pericolo di estinguersi (i pescatori), il ritorno ad antiche tradizioni culinarie e marinare, la difesa di specie autoctone o in via di estinzione.
Tra gli animali, i pesci e tutti gli altri abitanti dei mari, dei fiumi e dei laghi sono in assoluto i più ignorati. Non che la sofferenza degli altri animali da reddito importi molto, ma sicuramente è più facile pensare di poter uccidere e sventrare un pesce che non un maiale o un coniglio. Non trattandosi di mammiferi, non riuscendo minimamente a rapportarci a loro e conoscendoli quasi esclusivamente sotto forma di cibo, la loro vita ci è totalmente estranea. La sofferenza dei pesci è invisibile, inudibile e quindi, per molti, inesistente. L’agonia per asfissia dei pesci può essere lunghissima (fino a decine di ore), ma chiunque si sia fermato qualche minuto a osservare un placido e bonario pescatore sulla riva del fiume, sa che i salti e il boccheggiare di questi animali nel cestello appoggiato sull’erba non smuovono minimamente la compassione e l’empatia della persona in questione. Se si domanda qualcosa riguardo alla morte lentissima e crudelissima cui questo particolare tipo di cacciatore ha condannato le sue vittime, ci si sente rispondere in maniera fantasiosa: «Ma sono pesci, non sentono niente», «è lui che ha abboccato all’amo, mica io che l’ho rincorso», «se non lo pescavo io se lo mangiava comunque un pesce più grande».
Queste risposte, senza stare ad analizzarle, danno prova dell’umana arroganza rispetto agli altri animali e di quanto molti siano indifferenti verso gli animali considerati a loro volta inferiori tra gli inferiori. Un bravo pescatore libererà dalle reti del peschereccio il delfino o la tartaruga marina rimasta impigliata (sempre che siano ancora vivi). Non pescherà i tonni piccoli e le altre specie in via di estinzione. Metterà in atto tutti quegli atteggiamenti e accorgimenti di “rispetto” per preservare il mare da ulteriori devastazioni. Ma il fatto che questa attività implichi l’uccisione di altre vite non viene mai messo in discussione. E qui non stiamo parlando di un surfista che uccide un pescecane che lo sta attaccando o di popolazioni che se non mangiassero pesce morirebbero di fame. Stiamo parlando di cibo di lusso, da mangiare “poco ma buono”, servito da famosi chef nei ristori di Slow Fish con menù da 40 euro.
Tutta questa etica esibita sulle nuove bandiere della eco-compatibilità, della sostenibilità, del biologico, non prende mai in considerazione la sofferenza degli altri. Si deve prestare la massima attenzione soltanto a noi, al nostro benessere, al nostro paesaggio (terrestre o marino fa poca differenza), per preservarlo per i nostri figli e nipoti. Il nostro impegno si ferma qui, la nostra etica, purtroppo, anche.
Che i veri abitanti dei mari vengano sventrati a miliardi ogni anno (nessuno ha una stima neppure precisa del numero di pesci e crostacei uccisi nel mondo), che siano esattamente loro il vero “paesaggio” che si dovrebbe proteggere, che si possa cominciare a pensare ad una decrescita della violenza (oltre che dei consumi), sono pensieri ignoti ai teorici della sostenibilità. Al massimo si riesce a strappare qualche frase (e qualche regolamento) contro le forme più gravi di maltrattamento animale, ma questo solo per gli animali allevati, non certo per la sardina o il polpo sul tavolo della pescheria.
Già nei bambini, l’empatia nei confronti dei pesci è scoraggiata. Pesciolini rossi vengono regalati come fossero cioccolatini a feste e fiere. Pesciolini combattenti vengono tenuti in bicchieri da tavola e gli acquari o - peggio ancora - le bocce d’acqua, sono tra gli oggetti di “arredo” più diffusi nelle case italiane. Mentre quasi tutti i genitori inorridirebbero se il figlioletto imbracciasse un fucile e andasse a caccia di animali nel bosco, ben pochi si opporrebbero se il bimbo sedesse con una canna da pesca a cercare di uccidere pesci (spesso vengono anche organizzate gare di pesca per bambini e bambine).
I pesci occupano un posto particolare nell’immaginario. Da un lato ci fanno entrare, con la fantasia, in un mondo sconosciuto e affascinante, ma poi, quando si tratta di imprigionarli, ucciderli e mangiarli, allora tornano ad essere quelle cose di poco conto che a migliaia si espongono sulle bancarelle dei mercati. I pescherecci issano dal mare reti contenenti miliardi di animali che, nel migliore dei casi, muoiono schiacciati sotto il peso dei loro simili; nel peggiore, dopo ore di muta - ma non per questo meno reale - sofferenza.
La contestazione a Slow Fish è promossa dal neonato progetto “Bio-Violenza”: www.bioviolenza.blogspot.com. Il mercato, rispondendo alle istanze di maggiore consapevolezza del consumatore occidentale, da qualche anno ha iniziato a proporre prodotti più “etici” e in sintonia con la crescente sensibilità per i problemi ambientali. La carne “bio”, il latte e le uova “bio”, i formaggi “bio” sembrano formule magiche che fanno svanire per incanto (e perché il consumatore sensibile cerca proprio di acquietare i suoi sensi di colpa) le terribili condizioni di vita degli animali negli allevamenti. Cancellare - o illudersi di poterlo fare - la sofferenza brutale dell’allevamento industriale non significa per nulla, però, mettere in dubbio la violenza con cui condanniamo alla morte gli altri esseri viventi. Anzi, rincuorati dalle nostre presunte “buone intenzioni” diventiamo ancora più riluttanti a porci la domanda più importante: chi ci autorizza a uccidere senza necessità?

(fonte: www.liberazione.it)

domenica 13 marzo 2011

La Stampa: articolo sul blitz al salone del gusto





SILVIA FRANCIA: articolo su La Stampa (originale qui)

TORINO
Il sangue, quello era finto, ma i brividi da suspense hanno percorso davvero l’anfiteatro del PalaIsozaki, almeno per una decina di minuti. Tanto è durata l’incursione, ieri sera, durante la cerimonia che ha chiuso Terra Madre, di un gruppo di animalisti capitanati da un ragazza armata di megafono per gridare le sue ragioni alla platea affollata, mentre un suo «collega» si rotolava sul palco con gli abiti macchiati di rosso. Un colpo di teatro, in favore di «quelli che sono, senza volerlo, i veri protagonisti del Salone del Gusto e cioè gli animali, costretti a vivere alla catena o in gabbia, prima di venire uccisi».

Così, i difensori a oltranza della fauna, dopo giorni di pacifico, seppur polemico, sit-in davanti al Lingotto, hanno deciso di scendere in campo e dar fiato alle trombe, incalzando i vertici di Slow Food, tutti sul palco per l’occasione. «Voi parlate di etica, ma cosa vi fa credere di essere padroni della vita e della morte di altri esseri?».

Un’invasione di campo urlata sì, ma non violenta, tanto che gli organizzatori hanno deciso di non interrompere l’imprevisto comizio che si è concluso in breve. In tempo, comunque, per consentire a Carlin Petrini e al presidente di Slow Food Italia, Roberto Burdese, assieme ai numerosi relatori, di portare a termine il compito che si erano prefissi. Ovvero illustrare il documento su «Sostenibilità e politiche ambientali», che è stato il tema portante di questa quarta edizione di Terra Madre.

Il foglio, articolato in otto capitoli, e fondato su una ricerca dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo su temi che spaziano dal «diritto al cibo» all’ecologia alla tutela della biodiversità alla salvaguardia dei patrimoni della tradizione, verrà presentato in tutto il mondo il 10 dicembre, in occasione del «Terra Madre day». Con l’applauso a questa carta, che rispecchia il «Terra Madre pensiero» a tutela quegli ultimi che, secondo Petrini, «sono gli unici a insegnarci davvero la vita», è calato il sipario sulla manifestazione. Una kermesse cresciuta rapidamente e che ha coinvolto - in una girandola vorticosa di incontri e convegni - oltre 6.400 persone, provenienti da 160 Paesi del mondo, tra contadini, allevatori, cuochi, pescatori, artigiani, ma pure studenti, studiosi, musicisti e docenti universitari.
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