"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

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venerdì 1 maggio 2020

La bio-violenza ai tempi del Covid

Una copertina della rivista Farm Journal's Pork. Nell'immagine, in primo piano un allevatore sorridente tiene in braccio un cucciolo di maiale; davanti, la scritta "Speak out".
Farm Journal's Pork (una copertina)

La bio-violenza ai tempi del COVID-19 è un’idea semplice e raggelante, un ossimoro che se pronunciato avrebbe le parole “Ti amo, perciò ti ammazzo”.
È un’idea onnipresente, che attraversa tutti i settori dello sfruttamento.

Ci sono gli zoo e le “drastiche e più drammatiche decisioni” minacciate dallo zoo di Pombia, qualora i visitatori non avessero supportato il Safari Park con l’acquisto di biglietti da usare in un futuro indefinito. Questo ovviamente perché loro amano gli animali. E quindi possono anche ammazzarli.
Ancora più sincero è l’amore dello zoo di Neumster, in Germania, che ipotizza di uccidere alcuni animali per sfamarne altri. I primi a morire, in caso, sarebbero cervi e capre.
Poi ci sono i circhi, che per troppo amore se la prendono con gli animalisti che non stanno aiutando i loro animali ora, nel momento nel vero bisogno. Non importa che ci siano realtà non a scopo di lucro, come i canili e i rifugi, che sono anch’esse allo stremo e a cui questi animalisti magari danno il loro supporto. L’amore rende ciechi e fa sembrare logico che un animalista debba fornire i mezzi a un oppressore per continuare a mantenere… il suo amore. 

giovedì 20 giugno 2019

Senza piume, senza corna, senza senso: le nuove frontiere della carne felice



mucca nanaIl paradigma della carne felice, che ha visto la sua massima diffusione nell’ultimo decennio, nasce per rassicurare il disagio di quanti, di fronte all’esistenza degli allevamenti intensivi, si interrogano sull’eticità di sottoporre altri esseri senzienti a terribili condizioni di reclusione e sfruttamento e sulla sostenibilità ecologica di queste strutture.
La bio-violenza della prima ora ha risposto a queste critiche proponendo dei modelli di produzione bucolici, che evocassero la tradizione e un passato idealizzato. I simboli di questa narrativa sono la vecchia fattoria familiare, il contadino “di una volta” e animali liberi di scorrazzare per la campagna.
Proprio perché questo passato “premoderno” è sconosciuto al cittadino occidentale medio, esso è risultato affascinante ed è parso una risposta credibile a quanti, antropocentricamente, non hanno mai messo in dubbio lo status degli animali come proprietà.
La bio-violenza delle origini, quindi, con un gesto solo apparentemente rivoluzionario, ha concesso che gli animali fossero individui (e non più oggetti), ma non ha mai messo in dubbio che la loro sorte potesse essere discussa e decisa al di fuori delle scelte individuali di consumo.
Nel tempo, la narrativa sul benessere animale e sulla sostenibilità degli allevamenti si è arricchita di nuovi contributi, molti dei quali si ascrivono al ruolo sacrale che la tecnologia riveste nel legittimare il capitalismo.
Si è quindi approdati ad una bio-violenza 2.0, dove la sostenibilità e il benessere animale sono raggiungibili in un modo ancora più ideologicamente allineato, ovvero attribuendo alla specie umana ancora maggiori diritti di controllo e manipolazione sui corpi degli animali non umani.
In questo articolo si affrontano quindi, seppur in modo non esaustivo, alcune delle novità che l’industria ha proposto o introdotto per rispondere alle pressioni sul benessere animale e sulla sostenibilità ambientale e che dovrebbero essere da monito per quanti credono che gli argomenti indiretti possano portare alla liberazione animale o che producano effettivo progresso!

venerdì 20 ottobre 2017

27 ottobre a Milano - presidio contro il convegno COOP

COOP, “Alleviamo la salute” (ovvero: “come uccidere più animali senza riempirli di antibiotici”...): noi non ci stiamo!

“Più salute per gli animali, più salute per gli esseri umani”. È questo lo slogan del convegno che si terrà venerdì 27 ottobre (ore 16) alla Facoltà di Veterinaria di Milano. L’evento è organizzato da COOP Italia per la sua campagna “Alleviamo la salute”, e prevede la partecipazione del Ministro dell’Agricoltura, dell’assessore alle Politiche Sociali di Milano, dell’assessore all’Agricoltura della Regione, dei vertici COOP, di esperti universitari e di un’organizzazione “animalista”, Animal Equality Italia.

Il tema del convegno è l’antibiotico-resistenza, e lo slogan la dice lunga su quanto l’interesse per il benessere animale sbandierato da COOP Italia sia funzionale semplicemente alla commercializzazione di carni più affidabili per il consumatore, più “sane” e, in ultima analisi, più facili da vendere. Il segreto di Pulcinella che si cela dietro a questa facciata di attenzione alle condizioni degli animali, è che gli animali vengono come sempre segregati, ipernutriti e macellati. Il fine è sempre lo stesso: approfittare della sproporzione di forze in campo per fare quello che si desidera con i loro corpi, fino a farli letteralmente a pezzi da impacchettare. Perché? Altro segreto di Pulcinella: per fare soldi.

Siccome, però, i consumatori sono inquieti (un po’ perché ormai sanno che gli animali non umani soffrono come noi, un po’ perché sanno bene che la carne e il latte che trovano nei supermercati non sono propriamente “genuine”), i big del settore e le istituzioni cercano di rassicurarle. Nessuna novità, tutto sommato.

La novità è che, in questo caso, hanno cercato il sostegno di un’organizzazione “animalista”. Un’associazione che fa investigazioni con cui si denunciano le tragiche condizioni degli animali negli allevamenti intensivi, per intenderci. Il messaggio è chiaro: COOP, ministero e politicanti vari hanno a cuore i consumatori e persino il “benessere” degli animali, tanto da avere l’appoggio degli animalisti. La “carne felice”, un ossimoro vergognoso, avrebbe avuto anche il patentino di coloro che dovrebbero stare dalla parte degli animali. La presenza dell'associazione animalista, annunciata in un primo momento, è stata poi eliminata.

In ogni caso, agli animali non basta un po’ di benessere.
Provate a pensarci.


Fin dalla nascita siete programmati per diventare carne. Venite separati dai genitori prestissimo e nutriti artificialmente. Non vedrete mai la luce del sole o, se siete “fortunati”, ogni tanto vi faranno andare al pascolo o a razzolare in un capannone. Se siete polli o conigli, probabilmente starete stipati in una gabbia minuscola con vostri simili e impazzirete in breve tempo, fino a procurarvi lesioni ovunque. Se siete mucche, verrete ingravidate e spremute senza sosta. Se proverete a scappare, vi “abbatteranno”, come dicono loro per non dire che vi spareranno in mezzo alla strada. Avreste potuto vivere 20 anni, ma dopo qualche mese, dopo uno o due anni al massimo, vi spingeranno a forza su un camion, e poi giù verso uno strano posto in cui risuonano le grida disperate dei vostri compagni e l’aria odora di sangue rappreso. E poi vi uccideranno (“macellazione umanitaria”, la chiamano nei paesi ricchi: un colpo in testa). Poi vi faranno a pezzi per vendervi. Ma attenzione: nel bel mezzo di questa vita-non-vita, arrivano gli esperti del ministero che diranno che, per il vostro bene, non bisogna darvi troppi antibiotici. Fanno male a voi e a chi vi comprerà al supermercato. Probabilmente, non vi scandalizzerete neppure: alle prese per il culo sarete ormai abituati.

Tutti gli animali, umani e non, hanno bisogno di libertà, di una vita libera da schiavitù.
Noi stiamo dalla loro parte.

Antispecist* contro la “carne felice”

L'evento aderisce alla Settimana per l'Azione Antispecista

martedì 29 agosto 2017

Divenire bistecca ai tempi della sharing economy



Divenire bistecca ai tempi della sharing economy
di Elisa Valenti

 
La Mucca DE0696 di Salem, Germania, è “virtualmente” quasi morta. La famiglia Zigler ha piazzato DE0696 su una piattaforma online di crowd-butchering – letteralmente macellazione collettiva, di massa – e DE0696 verrà sventrata non appena tutte le sue parti saranno state vendute. Ad oggi DE0696 è morta al 70%.
Questa macellazione “su prenotazione” è l’ennesima nuova frontiera per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti. Poiché la carne inquina e non deve essere sprecata, DE0696 sarà macellata soltanto quando tutto il suo corpo sarà stato venduto. Fino ad allora vivrà felice nei prati della Germania meridionale. 

giovedì 10 agosto 2017

La calda estate della mucca Brangus





Food and Wine ha pubblicato recentemente un articolo sull’ennesimo tentativo di creare “la mucca del futuro”. Dopo le mucche nane a bassa emissione di CO2 e le mucche utilizzate come fonte di biocarburante, l’esercito di mucche ecofriendly si arricchisce di un nuovo componente: le mucche resistenti al calore.

Gli scienziati stanno studiando come modificare opportunamente le sequenze del DNA di questi animali affinché siano in grado di adattarsi più facilmente agli stress climatici. Pare che, invece, gli scienziati non si siano ancora interrogati su come risolvere lo stress delle gravidanze forzate, dell’allontanamento dai propri cuccioli e, infine, del mattatoio.

venerdì 10 febbraio 2017

Fucktoria Osella...


Il video promozionale di Fattorie Osella e il benessere animale... riveduto e corretto.

Buona visione!


venerdì 23 dicembre 2016

L'eredità di Expo: sostenibilità, nuovi mercati, benessere animale




L'eredità di Expo: sostenibilità, nuovi mercati, benessere animale

Forse incantati dal bellissimo slogan “Nutrire il pianeta”, forse storditi dalla partecipazione di Vandana Shiva al padiglione del bio, forse addomesticati dall’ondata bio-vegan seguente ci siamo un attimo scordati di EXPO 2015 e soprattutto ci siamo dimenticati di considerare e analizzare la sua eredità.
Lo spezzone antispecista, caduto nel dimenticatoio con tutta la contestazione “no expo”, dov’è finito?
Ma, soprattutto, quanti di noi si sono accorti che da EXPO in poi gli attacchi all’industria alimentare sono stati lasciati andare solo in alcune direzioni?
Quanti sono andati avanti senza soffermarsi troppo sulla parola “intensivo”?
Il sorgere di numerose attività e associazioni di categoria includenti le parole “etico”, “sostenibile”, “verde”, “slow”, “felice” ha fatto gioire pazzamente numerosi individui.
L’idea di non dover rinunciare a nessun agio perché così si può non essere più complici di aziende che rovinano il pianeta e chi ci vive, ci ha inebriato di speranza, in vista di un reale cambiamento, che comprende anche un cambio di direzione per quel che riguarda il rispetto per l’animale non umano.
Il che sarebbe ipoteticamente vero, forse, se fossero sorte nuove aziende, cooperative, artigiani “etici-per-davvero” che quindi che non contribuiscono a nessuna forma di sfruttamento e si fosse tornati ad una produzione (vegetale) estensiva, minima, sostenibile per davvero.

mercoledì 12 ottobre 2016

Contestatori o supporter dello sfruttamento "etico"?


Contestatori o supporter dello sfruttamento "etico"?




Ci chiediamo per l'ennesima volta come sia possibile che degli animalisti (o presunti tali) possano aver partecipato ad una iniziativa promossa a quattro mani dalla Facoltà di Veterinaria di Milano (precisamente un Dipartimento di produzione animale!) e Minding Animals (associazione internazionale che si occupa di Animal Studies) nella speranza di influenzare positivamente i futuri addetti alla detenzione, proliferazione, crescita e morte degli animali "da reddito" (qui il link del programma del corso).

Se anche possiamo essere d'accordo che un allevamento biologico sia meglio di uno intensivo, ci chiediamo se sia questo ciò che speriamo e vogliamo per gli animali. Sono forse le "fattorie felici" che scardineranno il paradigma antropocentrico? È attraverso questa nuova modalità (peraltro assolutamente impossibile da sviluppare per il largo consumo) che vogliamo indicare una direzione? Pensiamo sia possibile che studenti di veterinaria (interessati ad approfondire proprio questo tema) cambino mestiere perché ascoltano qualcuno che gli dice che gli animali non devono essere uccisi? Possiamo renderci complici di questo sofisticato modo (il bio, la sostenibilità, il benessere animale) di acquietare le coscienze di consumatori e addetti ai lavori? Come possiamo collaborare con gli "addetti ai lavori"? Pensiamo che allevatori e veterinari siano così ingenui da non essersi mai incrociati con un pensiero altro e che aspettino le nostre conferenzine per andare in crisi?

venerdì 9 settembre 2016

Animalisti che organizzano visite agli allevamenti (“etici”…): succede davvero!




Vi abbiamo informato, lo scorso anno, di un’iniziativa dal carattere e dalle finalità a nostro avviso piuttosto dubbie, la Summer School “La Vita Condivisa”, pubblicando una nostra lettera aperta ai relatori/organizzatori legati all’ambiente animalista e antispecista. In questo testo, chiedevamo in sostanza come fosse possibile partecipare a un evento insieme a realtà come Compassion in World Farming, un evento organizzato da un’associazione “animalista” (Minding Animals) insieme al Dipartimento di Scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione Animale e la Sicurezza Alimentare, una struttura il cui nome non necessita di ulteriori commenti. E come fosse possibile legittimare un momento formativo con interventi intitolati, per esempio, “La sostenibilità nella produzione della carne”, “Farms not factories”, “Prospettive dell’Unione Europea per una filiera della carne innovativa, rispettosa di animali e ambiente”, “Del mangiar carne, latte, uova o la protezione animale in allevamento”, “Etichettatura dell’animal welfare”. Senza contare il patrocinio, evidenziato come un punto d’onore, di Expo 2015. Insomma, abbiamo chiesto come fosse possibile prestarsi a una legittimazione di realtà che lavorano attivamente per propagandare lo sfruttamento “sostenibile” degli animali negli allevamenti e nei mattatoi.

Dalle persone interpellate abbiamo ottenuto una sola risposta, quella di Enrico Giannetto, che ringraziamo per l’attenzione che ci ha riservato, anche se non ne condividiamo – come non ne condividevamo allora – le posizioni (la nostra replica è reperibile allo stesso link). Dagli altri relatori, il silenzio; dagli organizzatori “animalisti”, altrettanto. In sintesi, Enrico Giannetto esprimeva la necessità di “sporcarsi le mani” per “contaminare” le visioni dei giovani veterinari che, prevedibilmente, avrebbero composto la maggioranza dei partecipanti. Se questa logica al ribasso non ci convinceva, ci convince ancora meno ora che è stato pubblicato il programma della seconda edizione, che si svolgerà a Milano dal 12 al 17 settembre 2016. Gli interventi programmati prevedono un aumento notevole di specialisti del “benessere animale”, dell’etichettatura della carne, della zootecnia “di qualità”, e un peso maggiore delle realtà che lavorano sulla promozione dell’allevamento sostenibile, con la conferma di Compassion in World Farming e l’ingresso nientemeno che di “Allevamento Etico”, di cui abbiamo anche avuto già modo di parlare (si veda qui). Insomma, “sporcarsi le mani” per convincere i veterinari sembra avere ottenuto l’effetto opposto: sono gli specialisti del settore zootecnico ad avere spostato gli animalisti verso le loro posizioni.

Tanto vicini alle idee dello sfruttamento dolce, che durante questa edizione della Summer School è previsto qualcosa di decisamente intollerabile: la visita a un “allevamento etico”. Guardare il programma per credere.

A questo punto è doveroso precisare che l’unico relatore che ci ha risposto quest’anno non partecipa. Gli altri, però, sono ancora attivamente coinvolti: se l’anno scorso non hanno saputo produrre motivazioni valide, ci chiediamo come possa essere giustificabile questa volta il fatto di farsi strumentalizzare volontariamente in modo così smaccato da parte di chi trae profitto dai corpi animali.

BioViolenza

martedì 26 luglio 2016

Ci vuole un bel coraggio



Ci vuole un bel coraggio a dire che non fanno pubblicità agli allevatori.

Non sapremmo in che altro modo commentare l'ennesima "vittoria" di CIWF - Compassion in World Farming. Ma forse, ogni commento è superfluo.


da CIWF:

Il vento del cambiamento è arrivato anche in Italia


giovedì 14 luglio 2016

venerdì 8 luglio 2016

“Sapere come vivono fa la differenza”: per chi?





E’ recente la notizia della nascita di una nuova associazione, Allevamento Etico, con tanto di Manifesto  e “Criteri di eticità”.

Fra i banner pubblicitari del sito leggiamo questo mirabolante slogan: “Sapere come vivono fa la differenza”. Che differenza? Per chi? Alcune risposte le troviamo proprio nell’articolo pubblicato da “Il Sole 24 ore”.

Per cominciare, perchè tanto impegno nel promuovere modalità di allevamento non intensivo? Il motivo è presto detto. La preoccupazione per la salute umana, per l’ambiente e per l’insopportabile livello di violenza sugli animali che gli allevamenti intensivi comportano inducono i consumatori a fare qualche riflessione: “In molti chiedono un’alternativa. Che non è necessariamente una scelta vegana”. Prima ammissione senza pudore: il problema è che gli scandali degli antibiotici nella carne e la presa di coscienza relativa alla sensibilità animale possono portare le persone a smettere di mangiare carne e magari – non sia mai – a prendere parte attiva ai movimenti a favore dell’autodeterminazione dei non umani. Quindi, è bene che qualcuno si prenda la briga di riportare questi turbamenti nell’ambito di una più gestibile esortazione a consumare meno carne e “di qualità”, senza farmaci e con maggiori standard di “benessere” degli schiavi che la producono. Insomma, come annuncia l’articolo, “l’alternativa non è solo veg”!

Ma che cosa sarà mai questo benessere animale (che non si capisce bene che posto occupi accanto al desiderio di mangiare carne buona o di non ingurgitare ormoni insieme al latte di mucca)?

lunedì 8 febbraio 2016

La favola della carne felice

Fonte: Earth Riot


Apri la bocca, chiudi gli occhi… voltati mentre li uccidiamo!

Manca solo quest’ultima parte al video promosso dall’associazione Compassion in World Farming Italia in merito alla campagna “Non nel mio piatto” lanciata di recente e mirata a sensibilizzare il consumatore sulle condizioni degli animali negli allevamenti intensivi attraverso un lavoro di ipocrisia e la strumentalizzazione di termini privati di ogni significato e valore, come “sostenibilità” e “benessere animale”.

martedì 20 ottobre 2015

Che odore ha l'ingiustizia?



Che odore ha l’ingiustizia?
di Laura Lucchini

La questione animale non buca lo schermo.
Il modello schiavista imposto agli animali non è in discussione.
Che lo si guardi da una prospettiva ambientalista in allarme di salvificazione, attraverso le retoriche del buon pastore o la lente delle presunte regole riguardanti il benessere animale, poco cambia. Ci può scappare qualche programma di denuncia per maltrattamento, ma il nocciolo della questione viene puntualmente occultato.
Non passa giorno in cui pubblicità e programmi televisivi non dimostrino di essere funzionali a tale modello,sia nella rimozione del corpo vivo che nella totale fissità ideologica.
Specie nei fine settimana, quando i palinsesti televisivi si dedicano alle gite fuoriporta,
ovvero a quelle esperienze virtuali in cui, nel tentativo di depurarsi dagli usuali rapporti nevrotici con chicchessia, si va alla ricerca di relazioni curiose, della natura, di storie vere, del cibo che mette d’accordo tutti e tutte.

E’ così che, ad esempio su Rai 3 (qui il video, dal minuto 5.10 circa), ci si ritrova a bordo di un delizioso trenino che ci porta in un bucolico paese tra le montagne.
Fra racconti di streghe ed eretici bruciati vivi, ricondotti con pazienza alle delizie del Calvario, incontriamo una stagionata e inquietante coppia di allevatori.

lunedì 28 settembre 2015

4/10 (Pisa) - proiezione de "Il biglietto d'ingresso" e dibattito con BioViolenza

DOMENICA 4 OTTOBRE - PISA
Teatro Rossi Aperto
Piazza Carrara, 56126 Pisa
ore 17.30
 
All'interno del Festival pisano "Tutti nello stesso piatto" al Teatro Rossi Aperto Tutti Nello Stesso Piatto - tour Pisa discuteremo di liberazione animale focalizzandoci su "chi è cibo" e su chi viene definito ingrediente, prodotto o alimento dopo aver passato la soglia del mattatoio.

E' possibile definire "carne felice" chi ha trascorso una vita da schiavo e scandita dai tempi del business della zootecnia e dello sfruttamento?

Quali strategie di marketing si nascondono dietro lo slogan "allevamento sostenibile"?

Ne parleremo con Bio Violenza - al mattatoio sani e felici e Ippoasi dopo la proiezione del documentario "Il biglietto d'ingresso".

martedì 11 agosto 2015

Perchè collaborare con CIWF? un partecipante risponde

foto: suicidefood.blogspot.com


In seguito alla pubblicazione della Lettera aperta sulla Summer School sul benessere animale organizzata presso la Facoltà di Veterinaria dell'Università di Milano, inviata ai relatori e organizzatori animalisti che compaiono nel programma, abbiamo ricevuto le risposte di uno di loro, Enrico Giannetto (gli altri non hanno risposto).
Pubblichiamo, con il suo permesso, lo scambio di opinioni con Enrico Giannetto, con cui dissentiamo, ma che ringraziamo pubblicamente per la risposta e per aver fornito elementi di discussioni su cui ciascun* potrà autonomamente farsi un'idea.

Una parte della discussione verte sull'opportunità o meno di partecipare ad iniziative organizzate in luoghi in cui si insegna, si organizza o si sostiene lo sfruttamento animale, e da personalità o professionisti che sfruttano animali o che sostengono attivamente la produzione di merci / conoscenza a partire dai loro corpi. Nonostante tale questione sia molto complessa - dato che è sempre difficile capire quando un "dialogo" pubblico sia utile o quando sia il caso di accettare degli inviti in "campo nemico" per criticare apertamente lo specismo -, riteniamo che in questo caso si configuri in modo, purtroppo, meno ambiguo: la Summer School in questione, oltre a non essere un dibattito (ma bensì un vero e proprio corso di formazione sul "benessere" animale e le tecniche zootecniche ad esso collegabili), non è organizzata da veterinari, professionisti zootecnici o simili figure con la partecipazione su invito di esponenti del mondo animalista, ma al contrario è organizzata da esponenti del mondo animalista insieme a esponenti del mondo dello sfruttamento animale. Questo, oltre che essere dichiarato apertamente, risulta evidente dalla presentazione sul sito, in cui si trovano, accanto a citazioni da Derrida che ammiccano alle più radicali tesi antispeciste, ben più espliciti riferimenti all'etichettatura dei prodotti animali secondo diversi gradi di "benessere" degli schiavi allevati che dovranno dare al consumatore la "facoltà di compiere liberamente le proprie scelte tenendo in conto tale aspetto".

Buona lettura.

lunedì 10 agosto 2015

Grazie, contadini svizzeri...


Non è la prima volta che ci segnalano una campagna mediatica ad opera di allevatori o produttori di carne in cerca di consensi da parte dell'opinione pubblica. I motivi per cui vengono ideate campagne pubblicitarie da parte delle associazioni di categoria possono essere di vario tipo, e non sempre comprendono l'esigenza di placare i problemi di coscienza che lo sfruttamento degli animali causa ai consumatori.
In questo caso, però, è evidente che siamo di fronte ad una risposta (anche) alle crescenti critiche alla violenza sugli animali da reddito. La campagna estate 2015 degli allevatori svizzeri (https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/campagna-attuale/manifesti/) non lascia spazio a dubbi. Accanto a manifesti che rimarcano la genuinità della frutta dei contadini svizzeri o la loro cura del paesaggio alpino, tutti incentrati su figure di animali vestite da contadini umani, ne troviamo uno con una capra che recita lo slogan: "Sono molto più libero di uscire della maggiorparte degli uomini".

giovedì 6 agosto 2015

Quando gli “animalisti” fanno il gioco degli allevatori



Grazie al cielo la redazione di Campania su web e il Consorzio Tutela Mozzarella di Bufala Campana si sbagliano e non pare esistere (almeno per ora) la versione italiana dellassociazione protezionista anglotedesca Four Paws/ Vier Pfoten.

Fino a pochi giorni fa, Lassociazione Vier Pfotenera giustamente preoccupata delle pratiche dallevamento delle bufale in Campania, tanto da diffondere informazioni e video sulle sofferenze a cui sono quotidianamente sottoposti questi animali: http://www.four-paws.org.uk/campaigns/farm-animals/hidden-animal-cruelty-in-italian-buffalo-farms-providing-mozzarella-to-uk-supermarkets/

Il 27 luglio, uno dei tanti eventi di Expo è stato dedicato alla Mozzarella di Bufala DOP (uneccellenza italiana nel paesaggio mediterraneo!). Gli organizzatori sono stati Ara Campania (Associazione Regionale Allevatori) e DQA (Dipartimento Qualità Agroalimentare): http://www.mozzarelladop.it/index.php?section=notiziario&filter=comunicati&id=665

domenica 2 agosto 2015

Il danno e la beffa

Una grave discontinuità mentale affligge l'umanità. Dunque da un lato riteniamo adatte le mucche all'ascolto musicale tanto da asserire che tutte le loro funzioni vitali ne trarrebbero giovamento ( il latte migliora!). Dall'altro recludiamo a vita quelle stesse mucche, obbligandole alla riproduzione forzosa, allontanandone i cuccioli ( per farne bistecche ) al fine di poterne "rubare" il latte, infine le premiamo con la macellazione.  Tutto ciò in nome di un imperativo specista che, pur dovendo ormai riconoscere di aver a che fare con entità diverse dagli oggetti, in realtà continua a considerarli ed a trattarli come tali. Sbeffeggiandoli, quando possibile...

Si intitola "happy cow concert" l'iniziativa-esperimento
documentato dal video di repubblica.it qui sotto. Ogni altro commento è superfluo...



venerdì 24 luglio 2015

Perchè collaborare con CIWF (e compagnia bella)? Lettera aperta ad alcun* animalisti



MA CHE CI FACCIAMO IN COMPAGNIA DI VETERINARI E CIWF?
PERCHÉ COLLABORIAMO?
PERCHÉ ORGANIZZIAMO PROGETTI INSIEME?



Questa è una lettera aperta per chi, animalista, ha organizzato o accettato di partecipare al convegno "Cibo: la vita condivisa" che si terrà dal 15 al 19 settembre presso l'Università degli Studi di Milano - Facoltà di Medicina Veterinaria.


Noi attivisti/e di Bio-Violenza (http://bioviolenza.blogspot.it) siamo rimasti molto perplessi nel vedere un corsoestivo universitario organizzato a 4 mani da animalisti (Minding Animals) insieme alla facoltà di Veterinaria dellUniversità di Milano.

Ci siamo domandati il perché di una così stretta collaborazione tra due entità che sulla questione animale non hanno certo la stessa direzione di sguardo. Perché inquinare il messaggio antispecista? Perché accettare di confrontarsi su un terreno così rischioso per un evento che coinvolgerà molti docenti ma che riguarderà un gruppetto di soli 30 studenti (o persone interessate)?