"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

venerdì 1 maggio 2020

La bio-violenza ai tempi del Covid

Una copertina della rivista Farm Journal's Pork. Nell'immagine, in primo piano un allevatore sorridente tiene in braccio un cucciolo di maiale; davanti, la scritta "Speak out".
Farm Journal's Pork (una copertina)

La bio-violenza ai tempi del COVID-19 è un’idea semplice e raggelante, un ossimoro che se pronunciato avrebbe le parole “Ti amo, perciò ti ammazzo”.
È un’idea onnipresente, che attraversa tutti i settori dello sfruttamento.

Ci sono gli zoo e le “drastiche e più drammatiche decisioni” minacciate dallo zoo di Pombia, qualora i visitatori non avessero supportato il Safari Park con l’acquisto di biglietti da usare in un futuro indefinito. Questo ovviamente perché loro amano gli animali. E quindi possono anche ammazzarli.
Ancora più sincero è l’amore dello zoo di Neumster, in Germania, che ipotizza di uccidere alcuni animali per sfamarne altri. I primi a morire, in caso, sarebbero cervi e capre.
Poi ci sono i circhi, che per troppo amore se la prendono con gli animalisti che non stanno aiutando i loro animali ora, nel momento nel vero bisogno. Non importa che ci siano realtà non a scopo di lucro, come i canili e i rifugi, che sono anch’esse allo stremo e a cui questi animalisti magari danno il loro supporto. L’amore rende ciechi e fa sembrare logico che un animalista debba fornire i mezzi a un oppressore per continuare a mantenere… il suo amore.