"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

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martedì 20 ottobre 2015

Che odore ha l'ingiustizia?



Che odore ha l’ingiustizia?
di Laura Lucchini

La questione animale non buca lo schermo.
Il modello schiavista imposto agli animali non è in discussione.
Che lo si guardi da una prospettiva ambientalista in allarme di salvificazione, attraverso le retoriche del buon pastore o la lente delle presunte regole riguardanti il benessere animale, poco cambia. Ci può scappare qualche programma di denuncia per maltrattamento, ma il nocciolo della questione viene puntualmente occultato.
Non passa giorno in cui pubblicità e programmi televisivi non dimostrino di essere funzionali a tale modello,sia nella rimozione del corpo vivo che nella totale fissità ideologica.
Specie nei fine settimana, quando i palinsesti televisivi si dedicano alle gite fuoriporta,
ovvero a quelle esperienze virtuali in cui, nel tentativo di depurarsi dagli usuali rapporti nevrotici con chicchessia, si va alla ricerca di relazioni curiose, della natura, di storie vere, del cibo che mette d’accordo tutti e tutte.

E’ così che, ad esempio su Rai 3 (qui il video, dal minuto 5.10 circa), ci si ritrova a bordo di un delizioso trenino che ci porta in un bucolico paese tra le montagne.
Fra racconti di streghe ed eretici bruciati vivi, ricondotti con pazienza alle delizie del Calvario, incontriamo una stagionata e inquietante coppia di allevatori.

lunedì 10 agosto 2015

Grazie, contadini svizzeri...


Non è la prima volta che ci segnalano una campagna mediatica ad opera di allevatori o produttori di carne in cerca di consensi da parte dell'opinione pubblica. I motivi per cui vengono ideate campagne pubblicitarie da parte delle associazioni di categoria possono essere di vario tipo, e non sempre comprendono l'esigenza di placare i problemi di coscienza che lo sfruttamento degli animali causa ai consumatori.
In questo caso, però, è evidente che siamo di fronte ad una risposta (anche) alle crescenti critiche alla violenza sugli animali da reddito. La campagna estate 2015 degli allevatori svizzeri (https://www.agricoltura.ch/campagna-pubblicitaria/campagna-attuale/manifesti/) non lascia spazio a dubbi. Accanto a manifesti che rimarcano la genuinità della frutta dei contadini svizzeri o la loro cura del paesaggio alpino, tutti incentrati su figure di animali vestite da contadini umani, ne troviamo uno con una capra che recita lo slogan: "Sono molto più libero di uscire della maggiorparte degli uomini".

lunedì 13 aprile 2015

Expo 2015 - Nutrire il pianeta, riempire i macelli

Fonte: www.liberazioni.org

Expo 2015 - Nutrire il pianeta, riempire i macelli
di M. Reggio



Expo 2015 si avvicina. Con il suo slogan, «Nutrire il pianeta, energia per la vita», il Primo maggio (data non casuale) avrà inizio a Milano l’Esposizione Universale che costituirà «il più grande evento mai realizzato sull’alimentazione e la nutrizione»[1]. Come è noto, questa iniziativa costituisce per il capitalismo un momento importantissimo di rilancio, autocelebrazione, promozione e diffusione del proprio ordine simbolico, ma anche di pubblicizzazione di merci, settori produttivi, tecnologie e servizi. La corsa verso questo appuntamento – che si è rivelata una corsa a ostacoli fra le insidie della cor ruzione politica e finanziaria e le più oscene e imbarazzanti infiltrazioni mafiose – non può che registrare lo sviluppo di una critica e di un’opposizione a partire dal territorio interessato. Expo ha un carattere ideologico e concretamente devastante sulle vite delle persone. Da quando il capoluogo lombardo è diventato ufficialmente sede dell’esposizione (marzo 2008), associazioni, gruppi e comitati, che hanno intrapreso un lavoro di smascheramento e controinformazione su questo evento, si sono riuniti sotto la sigla No Expo, che ha organizzato diverse iniziative di approfondimento e di protesta.

mercoledì 27 novembre 2013

Genuino Clandestino e la fattoria (in)felice...


"Immaginare e costruire una Fattoria veramente felice è possibile, ed è un posto nel quale la rinuncia totale allo sfruttamento degli animali non umani annienta la catena del dominio, invece di spezzarne solo qualche anello. Un posto nel quale rinunciare finalmente a tutte le forme di oppressione, non solo a qualcuna.
E solo lì il maialino pirata, tristemente guercio, potrà veramente trovare la felicità, libero da sofferenza, tortura e morte". 

Segnaliamo un interessante articolo sulla campagna Genuino Clandestino, che ne analizza le contraddizioni e il riferimento alla "fattoria felice", quell'immagine bucolica ben descritta e criticata da Troglodita Tribe nel libro di cui abbiamo già avuto occasione di parlare, "La fattoria (in)felice: animali e contadini".

L'articolo è pubblicato sul blog Intersezioni, e potete trovarlo qui:


Buona lettura!

lunedì 12 novembre 2012

La fattoria (in)felice - animali e contadini


Segnaliamo con piacere una pubblicazione molto interessante, a cura di Troglodita Tribe: "La fattoria (in)felice: animali e contadini".

Per scaricare il libro: Troglodita Tribe



"Uno dei  miti più solidi su cui si regge lo sfruttamento animale è senz’altro quello della Fattoria (in)Felice.

In questo luogo idilliaco che esiste solo nel nostro immaginario truffato e infarcito di luoghi comuni pubblicitari, gli animali vivono un’esistenza naturale, sono rispettati e amati, donano di buon grado i loro prodotti perché, in ultima analisi, loro sono nati per produrre latte, uova, carne, pelle che serviranno agli esseri umani che li accudiscono.

Quest’idea, che potremmo considerare più che altro una sorta di allucinazione specista, è, più o meno, ciò che rende giustificabile e accettabile l’intero castello dello sfruttamento animale. Sì, perché volendo analizzare con attenzione, sono poche le persone che ritengono giusto ed encomiabile il concetto di allevamento intensivo, sono poche le persone che, di fronte alle inequivocabili e raccapriccianti immagini che provengono da queste realtà, non sostengano la necessità di fare in un altro modo. E il mito della Fattoria (in)Felice è studiato proprio per questo. La Fattoria (in)Felice è l’associazione mentale che scatta immediata e pronta quando ci si trova di fronte agli orrori dello sfruttamento animale. La Fattoria (in)Felice è l’ancora di salvezza che permette di estraniarsi dalla violenza e dall’ingiustizia perché, tanto, non è colpa nostra, ma solo dell’avidità di chi produce, solo del metodo sbagliato, solo di un cinico progresso che ha portato all’abbandono della vecchia cultura contadina.

È interessante notare che il mito della Fattoria (in)Felice, in realtà, non è solo uno strumento utilizzato da chi imprigiona, sfrutta e uccide con metodi biologici, biodinamici e simili. Il ritorno alla natura, alla genuinità del prodotto che ci permette l’associazione alla cultura contadina, genuina e rispettosa del mondo animale, è una prerogativa di ogni azienda che guadagna sullo sfruttamento animale.

I metodi utilizzati sono diversi tra loro, ma tutti richiamano, attraverso i marchi, le immagini, le confezioni e le parole, il concetto di Fattoria (in)Felice. Ora, il punto essenziale da comprendere, è che questa fattoria felice a cui tutti fanno riferimento non solo non esiste, ma non è mai esistita neppure nel passato più remoto".

(da: Troglodita Tribe, "La fattoria (in)felice. Animali e contadini")

Progetto BioViolenza
www.bioviolenza.blogspot.it