Legambiente e il festival della ruralità: salvare gli animali o salvare... gli allevamenti?
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A volte, quando si partecipa a qualche manifestazione
animalista, può capitare di imbattersi in una, due o tre (raramente di più)
gialloverdi bandiere di Legambiente. Ci si guarda tra noi animalisti un po’
attoniti e perplessi perché si sa che Legambiente ha ben poco, per non dire
nulla, a che vedere con la difesa della vita e della libertà degli animali.
Però, si pensa speranzosi, magari qualche iscritto porta con sé
il simbolo di Legambiente per cercare di spingere la sua associazione a
sbilanciarsi in favore degli animali. Però, a essere speranzosi, si pensa
sempre male.
Legambiente c’è solo, e soltanto, laddove ci sono interessi
umani da promuovere e proteggere o attività umane da contrastare perché dannose
all’uomo o all’ambiente in cui vive. Legambiente può lottare contro la caccia
probabilmente perché inquina il terreno e disturba la quiete del fungaiolo,
così come protesta se un fiume viene inquinato perché poi non è più piacevole e
sano andare a passeggiare lungo le sue rive.
Se però intere mandrie e greggi sono allevate e sfruttate in un
paesaggio bello, gioioso, pulito e culturalmente ricco, allora tutto va bene.
Che vuoi di più dalla vita?
Giusto per capire come le parole possano significare cose tanto
diverse a seconda dei contesti, è utile ogni tanto scorrere il loro statuto e
leggere che Legambiente “lotta contro ogni forma di sfruttamento, di ignoranza,
di ingiustizia, di discriminazione e emarginazione” (ovviamente con assoluto ed
esclusivo –implicito- riferimento al principale animale del pianeta). La stessa
identica frase, letta in un contesto antispecista, avrebbe un senso
completamente diverso.
In queste due scritture, uguali ma lontanissime, sta la
differenza tra il tentativo di smontare l’antropocentrismo e invece cercare di
rendere lo sfruttamento della natura (animali, mari, terra, fiumi, cielo) il
più morbido possibile.
Il festival della ruralità, che Legambiente sostiene entusiasticamente,
non è altro che la celebrazione dello sfruttamento soft, accettabile, ripulito
degli animali. O possiamo sperare che i tour gastronomici siano rigorosamente
vegetariani e che le pecore e le mucche stiano nel parco dell’Alta Murgia per poter
trascorrere lietamente gli anni della loro vecchiaia?
Se la “parola d’ordine” degli animalisti è “salviamo gli
animali”, quella di Legambiente (a cui dedicano una intera giornata del
festival della ruralità) è “salviamo gli allevamenti”.
Ma perché mai ci dobbiamo incontrare nelle stesse
manifestazioni?
BioViolenza
Al macello sani e felici
www.bioviolenza.blogspot.it