"Ogni anno gli studenti di veterinaria, all'università di Sidney,
posano nudi con degli animali. Lo scopo è creare un calendario per raccogliere
fondi e fare beneficienza. Quest'anno il ricavato sarà devoluto alla lotta
contro la “malattia mentale nelle campagne” e alcune delle fotografie le
possiamo apprezzare a questo link.
Come dice il titolo dell'articolo, gli studenti non sono stati
"sheepish", timidi come pecore, ma "cheeky" ovvero buffi e
irriverenti. Le pecore invece non hanno potuto scegliere come comportarsi, come
si deduce dalla fotografia in cui i loro corpi, violentemente immobilizzati
durante la tosatura, sono usati per coprire il pube degli studenti in posa.
Come afferma una delle organizzatrici, "cercavano di divincolarsi e non
volevano star ferme, per cui abbiamo dovuto lavorare sodo con loro". Sono
oltre settanta milioni le pecore allevate in Australia: quelle che non sono
macellate in patria, sono esportate per nave in altre parti del mondo, per
essere trasformate in cibo (sulla tratta degli animali per mare si veda il blog resistenzanimale).
Ma le pecore non sono le uniche a comparire in questo godurioso quadretto
agreste: in una sorta di bosco edenico, allo splendore dei corpi nudi degli
studenti si affianca la perfezione di vari animali "di razza", come
da perfetta tradizione zootecnica: scodinzolanti cani dalmata, cavalli con le
redini e il morso, grassi e ridenti maiali... Detto per inciso, anche i corpi
degli studenti sono razzialmente selezionati per rappresentare la società e
l'accademia australiana, a cui per esempio non possono avere accesso gli
immigrati senza soldi dall'Asia, per non guastare
l'immagine (e le casse) di un Paese a egemonia bianca.
E come devono presentarsi i corpi di coloro
la cui specializzazione consiste nella cura dei corpi di coloro che saranno
mangiati? Non troppo flaccidi o sovrappeso chiaramente, non troppo esili, non
troppo villosi o completamente glabri, né alti né bassi. Corrispondono ad una
norma estetica per cui loro stessi non devono suscitare disgusto, ma appetito,
e invitare al consumo (un richiamo della carne sessualmente godibile che
rimanda alla godibilità di quella commestibile, una volta spogliata la bestia
della sua pellaccia e fattane una bistecca).
In questo
pruriginoso contesto contadino (pruriginoso per la classe media sanificata, che
con il fango e il letame ha poco a che fare), la nudità però non deve essere
troppa, pena il rischio di una contaminazione o di una somiglianza troppo
evidente con i corpi degli altri animali, con le loro imbarazzanti aperture e
sporgenze, con la loro peluria e il loro grugno. Sono gli animali che nella
narrazione occidentale rappresentano appunto la fisicità e la sensualità
all'eccesso, in contrasto con l'equilibrata superiorità dell'uomo (bianco). E
per scampare al nudo integrale delle bestie allora intervengono orpelli come le
membra degli animali stessi (piegate alla volontà dei loro padroni), le sbarre
di ferro o di legno (che quegli animali non possono oltrepassare), i cappelli
da cowboy (segno ultimativo della dominazione). L'intera struttura di dominio su
quegli animali, che certo non possono andare dove preferiscono, ma hanno una
vita e una morte ben prestabilite da chi ora allegramente si spoglia, per
(fingere di) mescolarsi insieme a loro, finisce per diventare invisibile. Ma
basta guardare il video nel link di sopra per realizzare che ci troviamo in un
campo prigionieri. Basta uno sguardo un poco disincantato per notare le
affinità tra lo scatto con le pecore qui sopra e quelli dei soldati americani
con i detenuti a Guantanamo. Insomma, a detta di chi vi ha partecipato
(attivamente) quella del calendario è stata un'ottima occasione per legare tra
colleghi, l'importante è tacere la base su cui questa convivialità si fonda:
l'umiliazione e la strumentalizzazione di esseri su cui deve essere mantenuto un
assoluto controllo. E l'ironia che il calendario sottintende è proprio quella
della commistione comica tra ciò che non dovrebbe essere confuso, cioè il corpo
umano con quello bestiale, il corpo di chi comanda con quello di chi è
sottomesso e comandato, il corpo di chi ha la luce dell'intelletto con quello
buffo e grassoccio di chi non sa che giocare, mangiare e crepare. La gioia di
legare (bonding) tra gli studenti implica che i loro sottoposti siano legati: a
un allevamento (letteralmente), a un coltello, allo scaffale di un
frigorifero. Insomma, in questa serie di fotografie sono oscurate (o
felicemente naturalizzate, tra il verde dell'erba e il giallo dei fienili) le
gabbie e i recinti in cui sono contenuti gli animali, sono oscurate le
marchiature a fuoco, le mutilazioni e i ganci a cui saranno appesi, con la gola
aperta a spandere sangue sul pavimento. Gli animali che compaiono e sono
carezzati, vezzeggiati, accuditi con sincera passione dai giovani veterinari,
secondo questa iniziativa servono per fare luce su un altro problema, che non è
certo il loro: la malattia mentale nelle zone rurali e remote. Come riporta lo
stesso articolo, "Il tasso di suicidi tra i veterinari è quattro volte
più alto di quello della popolazione in generale e non se ne parla molto":
è questo il motivo per cui fare un calendario e raccogliere denaro. Non è
difficile pensare a una qualche relazione tra questo dato e l'isolamento, la
fatica, lo stress, la violenza e le condizioni spesso disastrose in cui
(soprav)vivono gli animali da fattoria (o da capannone industriale). Dello
sfruttamento e dell'avvilimento di queste vite negate saranno complici e
testimoni gli studenti e le studentesse che ora offrono all'obiettivo della
macchina fotografica i loro corpi flessuosi.
BioViolenza
www.bioviolenza.blogspot.it
www.bioviolenza.blogspot.it