Lettera aperta a Striscia la notizia
Se
ogni giorno il nostro cervello viene bombardato di informazioni di
ogni tipo da radio, tv e giornali, nell'ultimo periodo si è presentato
ai nostri occhi un fenomeno che ai più potrebbe sembrare di vera
informazione. Proprio nell'ora di cena, mentre allegre famigliole
stanno desinando, un noto tg satirico presenta agli occhi degli
italiani le piaghe sociali che affliggono il Belpaese, mostrando in
servizi spot ciò che viene ogni giorno perpetrato ai danni della
società.
Quasi ogni sera è possibile vedere l'inviato Edoardo Stoppa, ribattezzato il fratello degli animali,
alle prese con animali non umani di ogni specie, da Vicenza ad
Aragona. E' lui il vero paladino degli animali, che parla di vacche
maltrattate durante i trasporti insieme a Polstrada e Ulss vicentine,
oppure narra di canili lager (o mancanza di canili) nell'agrigentino,
passando per la spinosa questione dei cani rinchiusi nell'allevamento
per la vivisezione Green Hill 2001 di Montichiari in provincia di
Brescia, senza dimenticare i cavalli del frusinate tenuti legati a
catena dentro camper in disuso con tanto di flebo in bella vista. Lì
era addirittura bastata una stretta di mano per porre fine allo scempio
nei confronti del Gondrano del momento. Mentre i più, animalisti e no,
dunque, cantano le lodi del fratello degli animali e invocano
da tutta Italia il suo intervento, altri - stanchi delle strette di
mano e delle invocazioni retoriche di decreti legislativi mai più
approvati – tentano di guardare oltre.
E vedono che il primo dicembre 2011 Edoardo Stoppa si pronuncia su
un allevamento di maiali posti sotto sequestro, dove a causa di un
contenzioso con un fornitore di mangimi 300 mila maiali stanno morendo
di fame.
Di primo acchito sembrerebbe che l’amico
sia lì per salvare tutti dall’inedia; addirittura che la sua missione
sia quella di renderli tutti felici e finalmente liberi. Niente di più
falso. Quando l'allevatore – si tratta di un allevamento intensivo di
decine di migliaia di maiali, nulla a che vedere con un’idealizzata
fattoria – si produce in un pianto poco convincente, Stoppa pare
commosso e del tutto partecipe dell’infelicità della vittima della
situazione: lo sfortunato allevatore.
Sapendo, come ci è stato detto, che si tratta di un allevamento
intensivo e quindi del tipo in cui le condizioni di vita degli animali
detenuti fino al giorno della vendita all’industria alimentare
comprendono castrazioni a vivo e amputazioni, oltre che una successione
infinita di parti e la gestazione in contenzione per le scrofe, ci si
domanda come sia possibile che Stoppa non sia affatto al corrente di
tutto ciò e che invece invochi per i maiali moribondi quelle “cure
mediche” che spetterebbero loro di diritto.
La beffa continua quando il conduttore ci informa contrito che ben
cinquecento “cuccioli” stanno morendo perché non vengono più nutriti
dalle madri (le quali giacciono abuliche al suolo), mentre quelli già
svezzati periranno di una morte… udite, udite: INUTILE. Sì, abbiamo
sentito bene: la morte dei maialini senza cibo è nient’ altro che
inutile. Riteniamo molto grave che il conduttore finga di non sapere
che quei teneri piccoli sono quello che normalmente finisce nel piatto –
anche nel suo, Stoppa non risulta essere vegetariano – attraverso il
passaggio obbligato del macello. Com’è altrettanto grave che egli
sostenga (animato da quella che non si può che definire falsa
ingenuità) un’idea tanto ambigua sull’esistenza dell’allevamento di
maiali che sta visitando e sulla fine che aspetta ognuno di quei
trentamila individui, senza distinzione - cuccioli inclusi.
Dalla scelta dell’aggettivo inutile
traspare inequivocabilmente quale sia davvero l’opinione di Stoppa.
Perché - e per chi - sarebbe mai inutile, questa morte? Ma per
l’allevatore! Il quale avrebbe potuto vendere i malcapitati – o
spedirli al macello – prima di vederli deperire senza produrre reddito,
prima che si deteriorassero come merce avariata, inutile materia
inerte, morta ma non più commestibile. Un vero spreco, non c’è che
dire.
Quei trentamila maiali non sono dunque esseri senzienti privati di
una libertà mai avuta, bensì oggetti di proprietà che possono essere
posti sotto sequestro e lasciati morire, considerato che sia per
definizione (animali da carne) che per nascita (allevamento) il destino
che li aspetta è la reificazione in cibo attraverso il passaggio
obbligato nell’industria alimentare. Carne da macello, appunto.
Non commuovono le false lacrime - o lacrime false? - dell’ipocrita
allevatore che dichiara al pubblico televisivo di sentirsi “violentato
dentro” in un metaforico ribaltamento di prospettiva che risulterebbe
ridicolo, se non fosse preoccupante: quanti tra gli animalisti davanti
allo schermo valuteranno quell’esibizione sentimentale per quello che
è: carità pelosa che sancisce e giustifica che ogni anno vengano messi a
morte 800 milioni di animali per l’industria alimentare? Quanti non si
faranno abbagliare dal buon cuore del sedicente fratello degli animali, da quel vecchio pietismo zoofilo che se fa chiudere un canile lager non prende posizione contro lo sfruttamento animale?
Stoppa così si rende rappresentante di un modo di rapportarsi agli
altri animali superato, un atteggiamento che mantiene i rapporti di
gerarchia e di distinzione e che non solo pone gli esseri umani su uno
scalino diverso - e più alto - rispetto agli animali tutti, ma ordina
anche gli animali secondo la specie di appartenenza. Secondo questa
forma mentis non solo gli esseri umani non sono animali, ma neppure gli
animali sono tutti uguali: gli animali cosiddetti “da reddito”,
infatti, hanno come prospettiva socialmente accettata la schiavitù e
la morte per diventare o produrre cibo (latte, uova) per il consumo
(non solo umano). Alcuni animali sono meno uguali degli altri, ci
insegna il loro sedicente fratello e - poco audace - difensore.
Sul medesimo contestabile assunto pesa la nostra società
antropocentrica e specista, che non teme minimamente interventi come
quelli di Stoppa poiché essi non solo non la pongono in discussione ma
la garantiscono sulla base del principio secondo cui ognuno deve
restare al proprio posto, come previsto dalla tradizione, dalla storia.
L’unica responsabilità riconosciuta agli sfruttatori resterebbe dunque
quella del benessere, perché se la morte deve essere utile, la
sofferenza è inutile – e sciupa la materia prima.
Così si tacitano le coscienze, così ci si mette l’animo in pace: trattare bene i morituri è presentata come un’auspicabile pratica umana, mentre si tratta solo di un’ambigua pratica di redenzione necessaria a tutta l’umanità che ritiene imprescindibile il proprio diritto di cibarsi di altri – ma non di tutti gli altri! - animali.
Che Edoardo Stoppa esibisca stupore e si scandalizzi di fronte al
destino a cui sono stati abbandonati trentamila animali da macello non
fa che evidenziare l’ambiguità della sua presa di posizione, ammesso
che di presa di posizione si possa parlare. Il suo buon cuore non è molto diverso da quello dell’allevatore che trae reddito da chi vende e acquista (e manda al macello, ma tratta bene) e dell’animalista che salva il gattino e si mangia la bistecca a pranzo.
La
superficialità con cui Stoppa parla di argomenti come questo, senza
alcun approfondimento critico, mostra quanto il suo messaggio sia
ambiguo: inneggiando alla vita e alla salute di animali destinati a
diventare carne, nasconde una verità che è lampante nelle nostre
coscienze ma che non si può portare alla luce perché equivarrebbe ad
ammettere che nel piatto c’è parte di qualcuno che aveva occhi e cuore,
aveva sentimenti e provava dolore. Il fratello degli animali
preferisce fingere di non sapere che quei maiali e maialini, che
vediamo in tv all'ora di cena insieme ai nostri figli, sono teneri e
commoventi ed è una crudeltà farli soffrire, ma faranno comunque una
brutta fine: moriranno di morte violenta entro le mura di un lurido
macello, lontano dalle telecamere e dagli occhi di tutti, tra urla
strazianti e sangue rappreso, sangue dei suoi fratelli animali, sangue
di nostri fratelli non umani… ma poi, sarebbe ancora possibile dire che
il prosciutto è buono e fa bene? Ancora possibile mangiarlo? Ancora
possibile definirsi fratello degli animali?
Oltre la Specie
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