"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

giovedì 13 giugno 2013

Su un convegno alla Sapienza: "Uccidere senza dolore" o uccidere senza vergogna?

Come accaduto di recente con la campagna "sono degno" di Compassion in World Farming, gli ambiti animalisti assistono alla diffusione di iniziative a dir poco ambigue, che rischiano di attrarre le simpatie di quelle stesse persone che si schierano quotidianamente dalla parte degli animali, senza troppo badare ai contenuti messi in gioco.
 
L'ultimo episodio è quello di un convegno, organizzato dall'Università di Roma "Sapienza".
Riportiamo qui sotto la presentazione del convegno, che non esitiamo a definire osceno nel suo modo di affrontare la tragedia della schiavitù animale.
 
Il Master in Etica pratica e bioetica dell’Università di Roma “Sapienza” e il Comitato Bioetico per la Veterinaria organizzazioni il convegno “Uccidere senza dolore. La ‘macellazione inconsapevole’ fra etica e scienza”. 
20 giugno 2013, 10.00-13.00
Aula XII, Dipartimento di Filosofia, Villa Mirafiori, via Carlo Fea 2, Roma
Pure fra molte contraddizioni, le nostre società dedicano un’attenzione sempre crescente alla tutela del benessere degli animali e alla diminuzione delle sofferenze che a questi sono inflitte nelle pratiche che li usano per fini umani. Rispetto al contesto della sperimentazione, quello dell’allevamento e della macellazione a fini alimentari sembra patire una maggiore arretratezza e presentare, quindi, ampi margini di riforma. Ad esempio, nei momenti finali della vita degli animali destinati al consumo alimentare sembrerebbe possibile introdurre metodiche che rendano l’animale inconsapevole e, quindi, eliminino del tutto lo stress e la sofferenza della macellazione. Una tale procedura sembrerebbe andare in direzione di una migliore tutela degli animali e, al tempo stesso, potrebbe implicare costi economici maggiori di quelli attuali e una riconsiderazione dei rischi per la salute umana (nel caso in cui, ad esempio, l’inconsapevolezza sia ottenuta per mezzo di sostanze chimiche). Organizzato dal Master in Etica pratica e bioetica dell’Università Sapienza di Roma e dal Comitato Bioetico per la Veterinaria, il convegno di studi intende esaminare tale possibilità di cambiamento delle procedure di macellazione, esaminandone gli aspetti etici e scientifici. Il convegno si rivolge alle diverse figure professionali coinvolte nel campo della produzione animale, agli studiosi interessati ai temi dell’etica animale e al pubblico più generale interessato alla tutela degli animali.
Responsabile scientifico e informazioni: Prof. Simone Pollo, simone.pollo@uniroma1.it
 
Spiace vedere che cotanto ingegno accademico, una tale gamma di professionalità e competenze siano utilizzate per non affrontare la più semplice delle questioni riguardo alla macellazione: è lecito allevare degli esseri senzienti e poi ucciderli per farne cibo?
Poiché è davvero difficile giustificare la liceità degli allevamenti (cioè di quei luoghi in cui muoiono, insieme alle reti da pesca, il 99% degli animali non umani uccisi sulla terra), una delle scappatoie che ultimamente vanno di moda è quella di pronunciare parole di condanna per gli allevamenti intensivi, quegli orribili lager che nessuno riesce a tollerare fino in fondo, ammiccando al contempo alle "vecchie fattorie", agli allevamenti sostenibili, e perfino alla macellazione compassionevole.

Naturalmente, nessuno si sogna di chiedere alle vittime se è così diverso, dopo una vita di dolori, privazioni, torture, noia, trovare un boia sbrigativo, indolore, tecnologico o solidale... Questa pericolosa strategia ha mille facce: quella che dobbiamo denunciare oggi è quella accademica. Una versione un po' più dotta, un po' più rispettabile, di quella stessa ipocrisia che viene spacciata spesso anche agli animalisti per interesse per il "benessere" animale.
 
Invitiamo chi abbia deciso di stare dalla parte degli schiavi a non cadere in questa ennesima trappola, ma al contrario a denunciarla e a contrastarla, perché uccidere è una pratica intollerabile, con o "senza dolore".