Non esistono prodotti animali etici, ne' sostenibili, non esistono
"animali felici" negli allevamenti.
Continuano purtroppo a essere diffuse in Italia delle campagne
finto-animaliste, che, con la scusa di voler far vivere meglio gli
animali d'allevamento, di fatto non sono altro che una sorta di
pubblicità a certi allevamenti - quelli che aderiscono all'iniziativa -
e, peggio ancora, una giustificazione a continuare a uccidere animali
con la coscienza in pace.
Si tratta della campagna "Sonodegno", di CIWF Italia, associazione che
da anni sta facendo disinformazione nel mondo, e che di recente è
purtroppo sbarcata anche in Italia.
L'invito a tutte le persone che DAVVERO rispettano gli animali, che
davvero si impegnano nel volontariato animalista e vegan e che davvero
vogliono difendere gli animali, è di evitare di diffondere notizie,
petizioni e quant'altro legate alle campagne di questa associazione e in
generale a tutte le campagne che vogliono diffondere il mito della
"carne felice", una definizione che dà - giustamente - i brividi e una
contraddizione in termini.
Ecco un articolo di una volontaria vegan, Evelina Pecciarini, che
illustra i motivi per cui campagna di questo tipo sono solo un gran
danno per gli animali.
Carne felice o allevatori felici?
Le campagne per il "benessere" degli animali da allevamento, come quelle
del CIWF, ora anche in Italia, sono quanto di più dannoso possa esistere
per mucche, maiali, galline e conigli: al contrario di quello che si
potrebbe supporre, non solo non mettono davvero in discussione il
maltrattamento degli animali, ma in pratica lo promuovono, fornendo una
giustificazione al consumo di prodotti dell'industria dell'allevamento.
Chi ci guadagna? Solo gli allevatori e i macellai! E non parliamo solo
di qualche "piccolo produttore", ma anche di enormi multinazionali del
settore alimentare.
Una contraddizione a livello logico e di senso di giustizia
E' comunemente condiviso, almeno a parole, il principio etico per cui è
sbagliato imporre sofferenza non necessaria a un altro essere vivente,
ed ucciderlo, come avviene per qualsiasi animale da allevamento. Un
principio che viene però smentito tutti i giorni da chiunque mangi carne
e altri prodotti animali: pigrizia, abitudine, gusti e convinzioni
errate, certo non possono essere una giustificazione per la sofferenza e
la morte di innumerevoli esseri senzienti.
Pensare che abbiano vissuto in modo "degno", per riprendere la parola
usata dalla campagna del CIWF, alleggerisce la coscienza di chi consuma
prodotti animali, fornisce un modo efficace - ma logicamente errato - di
razionalizzare quello che si sa essere eticamente sbagliato.
E' una posizione morale che si contraddice da sola: da un lato, logica e
senso di giustizia ci costringono a concludere che sia sbagliato imporre
sofferenza e morte senza alcuna necessità gravissima (condizione che
peraltro nella vita reale si verifica ben di rado, e mai nei confronti
degli animali, ma piuttosto di altri esseri umani da cui si è costretti
a difendersi). Dall'altro, si ammette come "accettabile" l'uccisione
(ovviamente non necessaria) di animali, quando questi - in teoria - non
abbiano sofferto in vita (caso che, tra l'altro, mai si verifica):
ma condizioni migliori di allevamento non sono eticamente compatibili
con il continuare a partecipare all'uccisione di milioni di animali
fatti nascere con il solo fine di trasformarli in macchine per la
produzione di carne, latte e uova.
Il costo di questa posizione, intellettualmente disonesta e razionalmente
inconsistente, sono la sofferenza e la morte di milioni di animali.
Poniamoci una semplice domanda: se facciamo vivere il nostro cane o
gatto per 1-2 anni nel miglior modo possibile, accudendolo e rendendolo
felici, ci sentiremmo giustificati a condurlo poi in un macello,
squartarlo e mangiarlo? Certo che no. Per gli altri animali vale lo
stesso identico concetto.
Che differenza c'è tra gli allevamenti intensivi e quelli "rispettosi" del "benessere" animale?
Le differenze sono in realtà minime e gran parte della sofferenza per
gli animali resta immutata.
Posto che uccidere animali per abitudine, pigrizia o golosità non è MAI
moralmente giustificabile, qualsiasi sia la loro specie, occorre
aggiungere che non è neppure vero che gli animali dai cui corpi si
ricava la cosiddetta "carne felice" abbiano in realtà un'esistenza "degna".
Le condizioni di vita sono solo un po' meno peggiori: un po' di spazio
in più o un cibo leggermente diverso non possono certo cambiare la vita
degli animali prigionieri negli allevamenti.
Le mucche subiscono
comunque l'inseminazione artificiale ogni anno e la tortura psicologica
della separazione dal vitellino che ne nasce (le mucche producono latte
solo per alcuni mesi dopo il parto, esattamente come ogni altro
mammifero); e vengono comunque uccise quando non sono più
sufficientemente produttive (dopo pochissimi anni).
I vitellini maschi vengono comunque uccisi giovanissimi, in quanto
"sottoprodotto" della produzione di latte, così come i pulcini maschi
vengono eliminati appena smistati per sesso negli stabilimenti che
"producono" galline ovaiole. Anch'essi sono inutili: i maschi dei bovini
non producono latte, i maschi dei polli non producono uova, sono solo
scarti di cui liberarsi al più presto e nel modo più economico.
Le galline "cage free" (allevate a terra) vivono ammassate in enormi
capannoni, non sono certo libere di razzolare su un prato, e viene
comunque tagliato loro il becco a pochi giorni di vita.
Niente a che vedere con le immagini sulle etichette e nelle pubblicità,
che raffigurano "animali felici" nei prati e all'aria aperta.
Vale inoltre la pena ricordare che i sistemi di trasporto ed i mattatoi
utilizzati sono quasi sempre gli stessi, per cui l'uccisione
degli animali è la stessa da qualunque tipo di
allevamento provengano. La terribile esperienza degli ultimi giorni di
vita è identica per tutti gli animali, forse ancora peggiore e più
traumatica per quelli che sono stati trattati relativamente meglio.