Che odore ha l’ingiustizia?
di
Laura Lucchini
La questione animale non buca lo schermo.
Il modello schiavista imposto agli animali non
è in discussione.
Che lo si guardi da una prospettiva
ambientalista in allarme di salvificazione, attraverso le retoriche del buon
pastore o la lente delle presunte regole riguardanti il benessere animale, poco
cambia. Ci può scappare qualche programma di denuncia per maltrattamento, ma il
nocciolo della questione viene puntualmente occultato.
Non passa giorno in cui pubblicità e
programmi televisivi non dimostrino di essere funzionali a tale modello,sia
nella rimozione del corpo vivo che nella totale fissità ideologica.
Specie nei fine settimana, quando i
palinsesti televisivi si dedicano alle gite fuoriporta,
ovvero a quelle esperienze virtuali in cui,
nel tentativo di depurarsi dagli usuali rapporti nevrotici con chicchessia, si
va alla ricerca di relazioni curiose, della natura, di storie vere, del cibo che mette d’accordo tutti
e tutte.
E’ così che, ad esempio su Rai 3 (qui il video, dal minuto 5.10 circa), ci si ritrova a bordo di un delizioso trenino
che ci porta in un bucolico paese tra le montagne.
Fra racconti di streghe ed eretici bruciati
vivi, ricondotti con pazienza alle delizie del Calvario, incontriamo una
stagionata e inquietante coppia di allevatori.
Si amano ‘ancora’ tanto - e giù coi
bacetti.
L’intervista si svolge quasi tutta nella
stalla. Il luogo che ha visto cementare il loro amore.
[…] “da due sono passato a trenta mucche”,
ci rivela l’allevatore.
Le telecamere inquadrano distrattamente le
comparse sullo sfondo (non sono certo ‘loro’ i protagonisti).
Ci sono mucche etichettate, nella penombra.
Ci guardano tentando di annusarci. C’è anche un vitellino che ciondola tra i
corpi degli adulti.
Ha lo sguardo triste. Cerca di succhiare il
latte dalla sua mamma, ma non può. Gli hanno messo un fastidioso anello
stellato nel naso per impedirgli di fare la cosa più semplice del mondo, secondo
i suoi ritmi vitali.
Proprio non si capacita del perché non
possa essere felice.
Il latte materno non è un suo diritto, non
rientra in nessuna regolamentazione .
E’ di proprietà delle politiche industriali,
dell’allevatore e del consumatore.
Così come la sua stessa vita.
Poco più in là altri bovini. Sono
incapsulati nelle mangiatoie e legati a catena per il collo.
Poi qualche secondo per i suini.
Grugniscono allarmati da presenze e odori sconosciuti.
A breve saranno uccisi, e qui la gentilezza
c’entra poco.
Nel frattempo, mentre languono nella noia,
vengono fatti ingrassare .
Del resto uno schiavo non ha esigenze! Questi
sono animali da reddito o,come recitava una mostra che andava ben oltre gli
intenti fotografici - matrice Slow Food e tenutasi tempo fa presso l’Università
La Sapienza di Roma- animali
da cibo.
[…] ‘facciamo tutto da noi‘ dice la signora
elencando tutti i derivati di produzione. A lei, tiene a dirci, ‘piacerebbe
comandare’, ma non ne ha il ‘permesso’.
Quello che memorizziamo quasi
subliminalmente, e senza bisogno di investigare, è dunque l’essenza del tutto .
Ce l’abbiamo proprio sotto il naso. Anzi
no.
Perché non siamo in un film in odorama.
L’odore della paura che anticipa la messa a
morte non è riproducibile.
Come non lo è quello della prigionia o
dell’infelicità.
Siamo al di qua del confine che gerarchizza
tutto il vivente.
Siamo nella indiscussa e tanto aggregante
normalità.
Che odore ha l’ingiustizia?
Video Rai3 (dal
minuto 5.10):
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