"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

lunedì 7 gennaio 2019

Cinquanta sfumature di schifo



"Mangiare carne è qualcosa che fai al corpo di qualcun altro senza il suo consenso"
(pattrice jones) 

Già nel 2006, il blog Suicide Food aveva iniziato a raccontare lo specismo attraverso le immagini di animali che desideravano essere mangiati: anatre così gustose da volersi assaggiare, mucche che si affettano per fare delle bistecche, maiali che desiderano essere kosher per poter essere mangiati anche dagli ebrei. 
Tra queste vittime in cerca di carnefici si distingue una categoria particolare: gli animali che seducono. Animali rappresentati sempre in modo femminile, che con sguardi e posizioni provocanti cercano di essere sessualmente attraenti per invitare anche il commensale più restio a cedere alla tentazione di mangiare. In pieno accordo con la cultura dello stupro, è la vittima che, con i suoi atteggiamenti, vuole essere soggiogata.

Fonte: http://suicidefood.blogspot.com/



La cultura dominante del patriarcato – la struttura sociale che si fonda sul primato politico e sessuale dell’uomo – vede nei soggetti più vulnerabili oggetti funzionali a ribadire la superiorità del maschio eterosessuale (le donne, per esempio, sono oggetti da controllare e possedere e solitamente ricondotte a due categorie: la madre e la puttana).
 Carol Adams ha sottolineato come questa cultura del dominio abbia legittimato lo sfruttamento di tutti i corpi vulnerabili e quindi si esprima non solo attraverso la violenza maschile sulle donne, ma anche attraverso lo sfruttamento di animali non umani. Anzi, le violenze sulle donne e sugli animali si somigliano e si intrecciano: la donna spesso viene de-umanizzata per ribadire il dominio maschile, mentre l’animale non umano viene “femminizzato” prima di essere consumato. 

Fonte: caroljadams.com

Se gli esempi di intersezionalità delle oppressioni sono infiniti, il libro Cinquanta sfumature di pollo dona alla parola disgusto nuovi significati.
Cinquanta sfumature di pollo, esplicitamente ispirato al romanzo Cinquanta sfumature di grigio, rimpiazza la protagonista del romanzo di James con una gallina[1] (morta) che si eccita delle perversioni di uno chef dominante che la usa come ingrediente delle sue ricette.
Anche i nomi delle ricette non sono scelti a caso, ma hanno dei costanti rimandi sessuali. Eccone alcuni:

-          -Seni (petti) Extra-Vergini
-          -Pollo per piacere non ti fermare
-          -Pollo sculacciato alla mostarda
-          -Seni (petti) lusingati
-          -Cosce gocciolanti
-          -Pollo strip-tease
-          -Dita appiccicose
-          -Cosce spalancate
-          -Pollo eretto

Ogni ricetta è preceduta da un breve dialogo tra la gallina e lo chef, dove la prima freme all’idea di essere fatta a pezzi, marinata e morsicata, mentre il secondo racconta le sue fantasie gastronomiche come se fossero desideri sessuali. 

“Devo averti ora” dice senza fiato gettandomi sulla prima superficie che riesce a trovare e spalancando le mie cosce. (Fowler, 2012, p.53)
“Sei così dolce, così succulenta, così buona” (Ivi, p.18)


Le fotografie che corredano il libro offrono una rappresentazione dei due personaggi peculiare: da un lato, un uomo forte e muscoloso (come deve esserlo colui che vuole degnamente rappresentare l’idea stereotipata di mascolinità), dall’altro una gallina rappresentata sempre in modo passivo prima della preparazione (sdraiata, sodomizzata, penetrata da dita e spiedi) e che acquisisce una
sua indipendenza e individualità dopo la preparazione (l’atto si è compiuto, lo chef ha reso la gallina tale, sviluppando le sue potenzialità, e questa assume spesso posizioni che richiamano il corpo femminile di una donna).
Tuttavia, ciò che rende veramente macabro questo libro è la raffigurazione della gallina come complice sessualmente eccitata dallo chef:

Oh, immaginavo le tue mani viaggiare lungo le mie cosce e i tuoi denti mordicchiare il mio petto. (Fowler, 2012, p.11)
Scaldami, scaldami, lo imploro silenziosamente, ma non riesco a fare nulla di più che chiocciare dolcemente. (Ivi, p.17)
Prende un mandarino e me lo inserisce lentamente, lentamente dentro il mio orifizio finché non è completamente dentro di me. Oh, che pienezza (Ivi, p. 23)

Nonostante la gallina sia chiaramente morta e smembrata e, anzi, sia stata uccisa tempo prima di incontrare lo chef, l’autore la impegna in dialoghi mirati a ribadire costantemente il suo consenso alla sottomissione. Questo è il pilastro su cui si fonda la cultura dello stupro.
Non vi è solo (e già basterebbe!) la mercificazione di un corpo femminile, declassato a oggetto che recepisce il desiderio maschile in tutte le sue forme e pulsioni, ma vi è addirittura la necessità di trasformare queste pulsioni in un desiderio della vittima. E se crediamo che sia consenso quello di un corpo femminile decapitato e morto da settimane, come può non esserlo quello di una qualunque donna viva? Esiste il non consenso? 


Elisa Valenti
BioViolenza
 

[1] La gallina in inglese non è indicata generalmente come chicken, ma come Miss Hen, specificando quindi il genere.