"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

giovedì 16 settembre 2021

Slow food e gli animali

 Fonte: transelvatike

 


Tra qualche giorno a Bra si svolgerà l’appuntamento di Slow Food dedicato al formaggio: Cheese.

La retorica è sempre la stessa, ma se negli anni precedenti l’accento cadeva sugli immaginari naturali (Cheese 2015 – Alle sorgenti del latte; Cheese 2017 – Stati Generali del latte crudo; Cheese 2019 – Naturale è possibile) quest’anno al centro ci sono gli animali.

Considera gli animali” – ci ordina Slow Food con il suo payoff del 2021.

E chi gli animali non umani li considera davvero rimane un po’ stranitə da questa svolta animalista.

Considera gli animali in che senso?

Slow Food ci risponde subito: “Senza animali non ci sarebbe il latte. Senza animali non ci sarebbero i formaggi. Senza animali non ci sarebbe Cheese. impariamo a rivedere il nostro rapporto con la natura, con gli animali[i].

Fondamentalmente, devo considerare i miei mezzi di produzione, con uno spirito che va a metà tra “abbine cura perché poi si rompono e funzionano male” a “cerca di avere un po’ di gratitudine perché fanno il lavoro gratis”.

 

E il disagio continua perché c’è una grande differenza tra il considerare gli animali come soggetti e il considerarli come oggetti, una differenza che può essere banalizzata come la distanza che intercorre tra pensare che gli animali abbiano degli interessi (il più scontato è vivere) e il pensare che io abbia degli interessi sugli animali, dove interesse qui assume il mero significato di tornaconto.

Ma Slow Food rincara la dose:

Per millenni con gli animali abbiamo condiviso ricoveri, migrazioni, freddo, fame, paure. Ci hanno coperto, riscaldato, nutrito con il loro latte e con la loro stessa carne…

E il disagio aumenta. Con gli animali non abbiamo condiviso ricoveri, migrazioni, freddo, fame e paure. Piuttosto, li abbiamo costretti a subire le nostre stesse sorti, a seguirci nei nostri viaggi, a combattere nelle nostre guerre. Ma è la seconda parte della frase, quella che dipinge gli animali come esseri che attivamente ci hanno coperto, scaldato e nutrito con la loro stessa carne, che tinge la narrazione di colori distopici. Si adotta una retorica che parla di animali che si sacrificano per noi come se ci fosse un consenso e si rende la vittima dell’oppressione agente del suo destino.

Slow Food prosegue: “…Siamo animali anche noi, ma la modernità ci ha separati. L’industrializzazione ha trasformato l’allevamento in un rapporto economico in cui non c’è spazio per una relazione con gli animali. Abbiamo costruito spazi distinti in cui gli animali conducono una vita breve e piena di sofferenza”.

Qui esplode la narrativa della bioviolenza bucolica: vi è un passato mitico, dove esseri umani e altri animali vivevano in armonia, interrotto dalla modernità. Eppure, pare evidente che non sia stata la modernità a interrompere questa mitologica età dell’oro, ma che una qualsiasi relazione non gerarchica tra umani e non umani preesistente sia stata invece distrutta dagli allevamenti stessi, estensivi o intensivi, in quanto strutture che hanno trasformato gli animali in mezzi di produzione. Precedentemente agli allevamenti intensivi, la relazione con gli animali era comunque senza dubbio una relazione di violenza in cui una parte forte sottometteva una parte più vulnerabile. Questo è così oggi ed era così nel passato. Marco Terenzio Varrone, agronomo romano nato nel 116 a.C., citando un autore a lui precedente, Catone il Vecchio, ci racconta che il maiale cresceva “a tal punto di grassezza che non si regge in piedi da sé e non può camminare. Pertanto, se uno lo vuole trasportare in qualche posto, lo deve caricare su di un carro[ii]. Varrone descriveva una relazione nella quale, per profitto personale, un allevatore causava una disabilità a un maiale.

Di quanti millenni nel passato bisogna quindi scavare per trovare questa mitologica relazione non violenta tra allevatori e allevati? Il passato degli allevamenti idillici sembra esistere solo nelle menti di chi lo racconta. E per quel che riguarda la durata della vita degli animali allevati, queste si spegnevano sempre in giovane età e destini diversi spettavano solo alle fattrici, agli animali allevati per la lana, ai buoi sottoposti al giogo. Ancora oggi è così e si può affermare con un certo grado di sicurezza che neanche gli animali sfruttati dagli allevatori di Slow Food muoiano di vecchiaia.

Come se non fosse abbastanza, per conferire al discorso anche una vena di attualità, Slow Food ci parla anche di pandemia: “Ci voleva un cortocircuito globale, ambientale e sanitario, per farci interrogare sulla loro esistenza [degli animali, N.d.A] e su cosa siamo diventati, per capire che abbiamo bisogno degli animali per vivere bene in questo mondo, per conservare territori e pascoli, per produrre cibi nutrienti e salubri, per ritrovare umanità.

La pandemia è stata l’ennesimo fallimento e – per lo meno nell’arco storico di chi scrive – il più eclatante per farci interrogare sul nostro rapporto con gli animali e sul sistema produttivo che ci circonda. 17 milioni di visoni sono stati uccisi in Danimarca[iii] per il rischio che questi animali potessero contagiare gli esseri umani con una variante del virus; a questi si aggiungono i 100.000 uccisi in Spagna[iv], gli 800.000 uccisi in Olanda[v] e i 28.000 uccisi in provincia di Cremona[vi]. La vera notizia non sono queste morti; piuttosto che queste morti abbiano fatto notizia. Ognuno di questi animali aveva già un appuntamento con la morte da lì a poche settimane. A sconvolgere il mondo è stato il fatto che questi animali siano stati uccisi in maniera improduttiva. Se “consideriamo gli animali”, cambia qualcosa per loro? O forse cambiava qualcosa per le 10 milioni di galline e i 10 milioni di maiali[vii] che sono stati uccisi negli Stati Uniti prima di finire al mattatoio perché questi erano chiusi per COVID? La pandemia ci ha forse insegnato che gli allevamenti intensivi hanno molti più effetti collaterali di quanto immaginassimo in precedenza, ma non ci ha fatti interrogare sul nostro rapporto con gli animali non umani. La loro posizione nella relazione con noi esseri umani è rimasta immutata.

Proprio per via del fatto che in questa relazione con gli animali Slow Food gioca il ruolo del padrone, è oltremodo grottesco che si dipinga come ascoltatore delle istanze animali.

Ti sei mai chiesto quali potrebbero essere le rivendicazioni degli animali se potessero riunirsi in assemblea? Noi ce li immaginiamo con tanti cartelli che chiedono: ‘Lasciateci uscire!’, ‘La coda ci serve!’, ‘Le corna ci servono!!!’, ‘Vogliamo pascolare!’, ‘Vogliamo stare con la mamma!’… E altro ancora”. […] In fondo, se fossimo animali, sarebbero le stesse cose che chiederemmo anche noi.

Qualsiasi commento a queste parole risulterebbe superfluo. Slow Food crede davvero che, se fossimo animali negli allevamenti, tutto ciò che vorremmo sarebbe un pascolo verde e non un mondo senza mattatoi?

È immaginabile pensare che gli animali negli allevamenti abbiano interessi (uscire, pascolare, la compagnia della mamma) ma che vivere non rientri tra questi?

 

[i] Tutte le dichiarazioni presenti nel testo sono tratte dal sito della manifestazione Cheese 2021 https://cheese.slowfood.it/ e, in particolare, dal testo di presentazione della conferenza “Noi e gli Animali” https://cheese.slowfood.it/evento/noi-e-gli-animali/

[ii] Marco Terenzio Varrone, De Re Rustica, (II, 4, 11)

[iii] Andrea Tarquini, La Danimarca abbatte 17 milioni di visoni portatori di una variante del coronavirus, La Repubblica, 5 Maggio 2020, https://www.repubblica.it/esteri/2020/11/05/news/coronavirus_danimarca_visoni_virus-273248266/

[iv] Sophie Kevany, A million mink culled in Netherlands and Spain amid Covid-19 fur farming havoc, The Guardian, 17 Luglio 2020, https://www.theguardian.com/world/2020/jul/17/spain-to-cull-nearly-100000-mink-in-coronavirus-outbreak

[v] Dina Fine Maron, Coronavirus is killing the Dutch mink industry, National Geographic, 25 Giugno 2020, https://www.nationalgeographic.com/animals/article/covid19-forces-mink-farm-end-netherlands

[vi] Oltre 28mila visoni uccisi, ecco le immagini dello sterminio in allevamento italiano colpito dal Covid-19, La Stampa, 7 Dicembre 2020, https://www.lastampa.it/la-zampa/altri-animali/2020/12/07/news/oltre-28mila-visoni-uccisi-ecco-le-immagini-dello-sterminio-in-allevamento-italiano-colpito-dal-covid-19-1.39631424

[vii] Sophie Kevany, Millions of US farm animals to be culled by suffocation, drowning and shooting, The Guardian, 19 Maggio 2020, https://www.theguardian.com/environment/2020/may/19/millions-of-us-farm-animals-to-be-culled-by-suffocation-drowning-and-shooting-coronavirus