foto: suicidefood.blogspot.com |
In seguito alla pubblicazione della Lettera aperta sulla Summer School sul benessere animale organizzata presso la Facoltà di Veterinaria dell'Università di Milano, inviata ai relatori e organizzatori animalisti che compaiono nel programma, abbiamo ricevuto le risposte di uno di loro, Enrico Giannetto (gli altri non hanno risposto).
Pubblichiamo, con il suo permesso, lo scambio di opinioni con Enrico Giannetto, con cui dissentiamo, ma che ringraziamo pubblicamente per la risposta e per aver fornito elementi di discussioni su cui ciascun* potrà autonomamente farsi un'idea.
Una parte della discussione verte sull'opportunità o meno di partecipare ad iniziative organizzate in luoghi in cui si insegna, si organizza o si sostiene lo sfruttamento animale, e da personalità o professionisti che sfruttano animali o che sostengono attivamente la produzione di merci / conoscenza a partire dai loro corpi. Nonostante tale questione sia molto complessa - dato che è sempre difficile capire quando un "dialogo" pubblico sia utile o quando sia il caso di accettare degli inviti in "campo nemico" per criticare apertamente lo specismo -, riteniamo che in questo caso si configuri in modo, purtroppo, meno ambiguo: la Summer School in questione, oltre a non essere un dibattito (ma bensì un vero e proprio corso di formazione sul "benessere" animale e le tecniche zootecniche ad esso collegabili), non è organizzata da veterinari, professionisti zootecnici o simili figure con la partecipazione su invito di esponenti del mondo animalista, ma al contrario è organizzata da esponenti del mondo animalista insieme a esponenti del mondo dello sfruttamento animale. Questo, oltre che essere dichiarato apertamente, risulta evidente dalla presentazione sul sito, in cui si trovano, accanto a citazioni da Derrida che ammiccano alle più radicali tesi antispeciste, ben più espliciti riferimenti all'etichettatura dei prodotti animali secondo diversi gradi di "benessere" degli schiavi allevati che dovranno dare al consumatore la "facoltà di compiere liberamente le proprie scelte tenendo in conto tale aspetto".
da: E. Giannetto:
Carissime/i,
vi ringrazio delle informazioni e della vostra lettera. Io sono stato invitato dagli organizzatori, che conosco per il loro impegno vegano, antispecista e ho avuto fiducia in loro, e non ho approfondito più di tanto la cosa. Anche se non conoscevo tutti, avevo pensato che tutti fossero stati scelti nel nostro movimento. Certo, tutti siamo stati critici su expo. Tuttavia, questa è una vecchia problematica, che mi pongo da quando avevo quindici anni e volevo cambiare il mondo. Si può accettare un lavoro o un intervento se te lo richiede un ente o delle persone che stanno dall'altra parte della 'barricata'? Se si hanno gli 'attributi', scusate l'espressione, mi sono sempre risposto di sì: se non ti fai condizionare, dici le tue idee apertamente, fai un servizio alla causa, fai un'opera 'controcapitale' se ti pagano o comunque di 'contropotere'. Io sono uno statale, ma certamente così sono pagato da uno stato che legittima il capitalismo, lo conserva e lo favorisce come lo 'specismo'. Tuttavia, se lo stato mi paga per parlare contro di esso, contro il capitale e contro lo specismo, io converto quel denaro sporco in un'azione anticapitalista e antispecista.
La facoltà di veterinaria, che io sappia, è un ente statale che dovrebbe occuparsi della formazione a curare gli animali, non a produrre carne: i veterinari, che comunque sono mossi da una simpatia verso gli animali, sono le persone più adatte a essere convertite alla causa degli animali.
Perché non fare sentire la nostra voce per gli animali? è molto raro avere questi spazi in università? Le ragazze e i ragazzi sentiranno oltre i discorsi forse compromessi con l'attuale violenza contro gli animali, se ci sono docenti non vegani, ma anche i miei che li potranno convertire a una scelta radicale. Dove sta il compromesso? io credo che ci dovremmo 'infiltrare' senza rinnegare la nostra identità in ogni luogo: se poi non piacerà quello che diciamo, non ci inviteranno più o ci contrasteranno, ma noi intanto abbiamo fatto sentire la nostra voce per gli animali.
Se non andiamo che ci concludiamo? I trenta ragazzi o le trenta ragazze sentiranno solo quelli che non gli proporranno una scelta radicale per i non-umani. Trenta non sono pochi: quando trovo nel pubblico anche solo una persona sensibilizzata, mi sento soddisfatto: qualche vita animale in meno sarà sacrificata e la cosa si potrà diffondere ad altre cerchie vicine a quella persona.
Convincetemi che ho torto
enrico
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Gentile Enrico Giannetto,
innanzitutto la ringraziamo per la sua risposta.
Crediamo, in parte, di aver già risposto, per così dire, "preventivamente", ad alcuni dei suoi argomenti nella nostra lettera ("Intuiamo le risposte che le persone coinvolte darebbero a queste domande"). Tuttavia, su alcuni punti, è bene chiarire ulteriormente il nostro punto di vista.
Comprendiamo benissimo il rapporto di fiducia che la lega all'organizzatrice da lei citata, ma crediamo sarebbe stato importante, da parte sua, consultare il programma della Summer School, con i nomi dei relatori e i temi previsti, per avere un'idea più completa fin da subito.
Per prima cosa, troviamo quantomeno ingenuo che si affermi che "la facoltà di veterinaria, è un ente statale che dovrebbe occuparsi della formazione a curare gli animali, non a produrre carne: i veterinari, che comunque sono mossi da una simpatia verso gli animali, sono le persone più adatte a essere convertite alla causa degli animali". Come i pochi studenti di veterinaria animalisti/antispecisti ben sanno, la maggior parte degli studenti di veterinaria sono mossi dal desiderio di trovare un impiego nel settore della produzione animale o in settori affini, eccetto coloro che intendono avviare attività ambulatoriali per animali "da compagnia" (il che peraltro non implica affatto una particolare sensibilità o attitudine alla "cura", un po' come accade per gli aspiranti medici). Ma, al di là di questo, ben più importante è quanto suggerisce, in modo quasi plateale, il nome stesso di uno dei quattro soggetti promotori: il Dipartimento di Scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare. Detto in soldoni, un ente il cui obiettivo è, appunto, quello di affinare le tecniche di produzione di cibo a partire dai corpi animali, gestire questi corpi al meglio, e così via. Insomma, produrre carne.
In secondo luogo, noi pensiamo che il "benessere animale" sia funzionale proprio a rendere più efficiente la produzione, talvolta nel senso di massimizzarla, più spesso nel senso di rendere più "accettabile" per i consumatori una violenza evidente e di proporzioni inaudite. La Summer School di cui stiamo parlando è - senza troppo girarci intorno - un'occasione di promozione del concetto di benessere animale, e di insegnamento di alcune sue tecniche (dal punto di vista veterinario, legislativo... e "filosofico").
Sul pericolo di queste operazioni (che di solito nascono, non a caso, da chi gli animali li sfrutta, e non da chi li difende), come lei sa, è stato scritto parecchio. Alcuni di questi contributi si trovano sul nostro sito:
Rispetto a questo punto, Expo stesso è un problema marginale (anche se gli obiettivi dichiarati mostrano una piena accettazione degli slogan celebrativi di expo). Forse si sottovaluta il messaggio complessivo che ne avranno gli studenti: l'accettazione della "carne felice" come possibilità che in qualche modo giustifica tutto il sistema produttivo della carne, a partire proprio dagli allevamenti intensivi, una cosa ben più dannosa di un congenito carnivorismo da curare a suon di "conversioni".
La nostra critica non è dunque mossa da "purismo" ideologico fine a se stesso. E' possibile che vi siano ambiti, in linea di principio, in cui sia sensato lavorare "dall'interno", ma ce ne sono alcuni, come questo, in cui ciò stride pesantemente con gli obiettivi della liberazione animale. Lei si iscriverebbe mai ad un circolo di cacciatori per convincerne una trentina a cacciare più "umanamente" e magari convincerne uno a smettere di cacciare? Potrebbe un gruppo di antispecisti organizzare in piccolo convegno con un gruppetto di allevatori "illuminati"?
In ultimo: crediamo che l'antispecismo non si trasmetta con il passaparlola o porta a porta ma con chiare prese di posizione culturale e politiche. Pertanto eventi come questi (anch'essi di forte impatto culturale e politico) necessitano di un'attenta riflessione prima di essere sposati.. La cartina di tornasole di quale messaggio emerga dal programma di questa iniziativa è proprio la partecipazione di CIWF, un'associazione fondata da un allevatore per promuovere gli allevamenti "etici" premiando le peggiori realtà dello sfruttamento animale (Amadori, Barilla... McDonalds!) per delle ridicole migliorie al sistema di sfruttamento. Chi ha invitato CIWF? Gli esperti veterinari che lavorano nell'ambito zootecnico? O gli organizzatori "animalisti" che vi hanno forse visto un alleato soltanto un po' più moderato? Il fatto stesso che non sia chiaro chi abbia interesse ad invitare CIWF la dice lunga sul carattere ambiguo dell'iniziativa.
Con questo... speriamo di averla convinta che, almeno su alcuni aspetti della questione, ha torto.
Cordiali saluti
BioViolenza
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Grazie della risposta,
anche se mi piacerebbe sapere con chi discuto. Per quanto riguarda l'organizzazione di iniziative, concordo con voi, che bisogna stare attenti con chi si ha a che fare e come. Credo che in questo caso, qualche universitario di veterinaria abbia contattato gli organizzatori e abbiano concesso loro uno spazio nella summer school. Che chi ha organizzato ha interessi diversi dalla nostra causa, avete ragione, lo deduco anch'io dagli altri inviti che hanno fatto e che non avevo guardato prima e vi ringrazio, non tanto dal nome del dipartimento: conosco anarchici che lavorano nei dipartimenti di giurisprudenza. Ma se chi ha a cuore solo la 'carne felice' invita qualcuno dei nostri a tenere una sessione o più di una summer school, non riesce sicuramente nell'intento di ridurre le nostre posizioni alle loro: piuttosto avviene il contrario, che se abbiamo la nostra sessione possiamo far capire agli studenti che la carne felice è un'idiozia e che bisogna operare per la liberazione animale.
Il filosofo Vico la chiamava eterogenesi dei fini: qualcuno si ripropone un fine, ma poi quello che fa ha altre conseguenze. Credo che non dobbiamo perdere queste occasioni.
Capisco che parlare in un consesso dove sono invitati anche "nazisti", possa fare specie, ma purtroppo o ci ritiriamo in comuni vegane nei boschi o. se vogliamo portare avanti la nostra lotta politica, dobbiamo convivere con i "nazisti, ma a nessuno permetteremo di strumentalizzarci.
sarò ingenuo, ma anche un po' più vecchio di voi. 'Useremo' noi le iniziative di altri.
Enrico Giannetto
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