Grazie
al cielo la redazione di Campania su web e il Consorzio Tutela
Mozzarella di Bufala Campana si sbagliano e non pare esistere (almeno
per ora) la versione italiana dell’associazione
protezionista anglotedesca “Four
Paws”
/
“Vier
Pfoten”.
Fino
a pochi giorni fa, L’associazione
“Vier
Pfoten”
era
giustamente preoccupata delle pratiche d’allevamento
delle bufale in Campania, tanto da diffondere informazioni e video
sulle sofferenze a cui sono quotidianamente sottoposti questi animali: http://www.four-paws.org.uk/campaigns/farm-animals/hidden-animal-cruelty-in-italian-buffalo-farms-providing-mozzarella-to-uk-supermarkets/
Il
27 luglio, uno dei tanti eventi di Expo è
stato
dedicato alla Mozzarella di Bufala DOP (“un’eccellenza
italiana nel paesaggio mediterraneo”!).
Gli organizzatori sono stati Ara Campania (Associazione Regionale
Allevatori) e DQA (Dipartimento Qualità
Agroalimentare): http://www.mozzarelladop.it/index.php?section=notiziario&filter=comunicati&id=665
Sembra
che la relazione che ha suscitato più
interesse
(e che tutti i giornali riportano con entusiasmo) sia stata quella di
Hanna Zedlacher
(la rappresentante austriaca della associazione “animalista”
“Vier
Pfoten”).
Zedlacher
sembra aver molto apprezzato i progetti in corso (progetti che hanno
lo scopo di valorizzare il lavoro di centinaia di allevatori campani)
perché li
ha trovati utili per il miglioramento del benessere animale. Una
relazione evidentemente molto positiva, tanto da fare titolare alcuni
articoli “pace
fatta tra animalisti e allevatori”.
Sul
sito internazionale di Vier Pfoten si trovano pubblicizzati altri
eventi di EXPO sul benessere animale, come, per esempio, l’incontro
del 10 giugno su “Animal
welfare as a way to preserve diversity & quality in animal
production”.
Dopo
aver letto il programma - che prevede la partecipazione di numerosi esperti che vanno dai
rappresentanti di: corporazioni di allevatori, della FAO, dei
produttori di lana, veterinari, grossa distribuzione, consumatori,…
il
tutto moderato da Elena Benedetti, Editor di EUROCARNI - ci si chiede
come sia possibile che uno scenario del genere possa interessare gli
animalisti. Guarda caso, anche in questo consesso di “esperti
del settore”
e
tuttologi più
o
meno preparati e onnipresenti compaiono sia Slow Food che la sempre
ambigua associazione pseudoanimalista Compassion In World Farming.
Ma
perché
appena
si apre una possibilità
di
una vetrina autorevole, gli animalisti pensano che si debba sempre
approfittarne? Perchè
vediamo
solo le possibili conseguenze positive e non ci accorgiamo che la
tanto auspicata abolizione totale dello sfruttamento animale viene
così solo ritardata e ostacolata? Non è
andando
sempre e ovunque che raccogliamo consensi.
Quando
pensiamo di poter andare in “territorio
nemico”
a
promuovere la causa animale, pensando di avere ottime ragioni, molte
motivazioni e capacità
di
cambiare di almeno un poco il corso degli eventi, dobbiamo essere
sicuri del nostro “cavallo
di Troia”
e
che le nostre parole almeno non vengano usate contro gli animali o
per rafforzare la cultura antropocentrica dominante.
La
maggior parte delle volte, nel marasma specista che, come le sabbie
mobili, inghiotte subdolamente le migliori intenzioni e i più
bei
discorsi, sono gli specisti che strumentalizzano noi.
Non
vedono l’ora
di poter avere dalla loro parte un difensore dei diritti animali. Se
riescono ad avere dalla loro parte quel tale animalista, gli altri
che non ci stanno saranno di conseguenza dei fanatici estremisti che
vogliono tutto e subito. In realtà, si procede solo verso il
consolidamento delle pratiche di sfruttamento.
Ma
come è
possibile
non accorgersi che animalisti e allevatori non hanno molto da dirsi?
Come è
possibile
accontentarsi di qualche minuto “in
cattedra”
per
barattare idee di liberazione con vaghe promesse e pie illusioni?