"I campi di lavoro forzati non sono poi cosi' male. Ce ne hanno fatto visitare uno al corso di addestramento di base. Ci sono le docce, e letti con i materassi, e attività ricreative come la pallavolo. Attività artistiche. Si possono coltivare hobby come l'artigianato, ha presente? Per esempio, fare candele. A mano. E i familiari possono mandare pacchi, e una volta al mese loro o gli amici possono venire a trovarla - Aggiunse: - E si può professare la propria fede nella propria chiesa preferita.
Jason disse, sardonico: - La mia chiesa preferita è il mondo libero, all'aperto." (Philip K. Dick)

martedì 30 aprile 2013

Legambiente e il festival della ruralità: salvare gli animali o salvare... gli allevamenti?

Legambiente e il festival della ruralità: salvare gli animali o salvare... gli allevamenti?



morte bio
Immagine da: insolente0veggie.over-blog.com/

A volte, quando si partecipa a qualche manifestazione animalista, può capitare di imbattersi in una, due o tre (raramente di più) gialloverdi bandiere di Legambiente. Ci si guarda tra noi animalisti un po’ attoniti e perplessi perché si sa che Legambiente ha ben poco, per non dire nulla, a che vedere con la difesa della vita e della libertà degli animali.

Però, si pensa speranzosi, magari qualche iscritto porta con sé il simbolo di Legambiente per cercare di spingere la sua associazione a sbilanciarsi in favore degli animali. Però, a essere speranzosi, si pensa sempre male.

Legambiente c’è solo, e soltanto, laddove ci sono interessi umani da promuovere e proteggere o attività umane da contrastare perché dannose all’uomo o all’ambiente in cui vive. Legambiente può lottare contro la caccia probabilmente perché inquina il terreno e disturba la quiete del fungaiolo, così come protesta se un fiume viene inquinato perché poi non è più piacevole e sano andare a passeggiare lungo le sue rive.

Se però intere mandrie e greggi sono allevate e sfruttate in un paesaggio bello, gioioso, pulito e culturalmente ricco, allora tutto va bene. Che vuoi di più dalla vita?
Giusto per capire come le parole possano significare cose tanto diverse a seconda dei contesti, è utile ogni tanto scorrere il loro statuto e leggere che Legambiente “lotta contro ogni forma di sfruttamento, di ignoranza, di ingiustizia, di discriminazione e emarginazione” (ovviamente con assoluto ed esclusivo –implicito- riferimento al principale animale del pianeta). La stessa identica frase, letta in un contesto antispecista, avrebbe un senso completamente diverso.

In queste due scritture, uguali ma lontanissime, sta la differenza tra il tentativo di smontare l’antropocentrismo e invece cercare di rendere lo sfruttamento della natura (animali, mari, terra, fiumi, cielo) il più morbido possibile.

Il festival della ruralità, che Legambiente sostiene entusiasticamente, non è altro che la celebrazione dello sfruttamento soft, accettabile, ripulito degli animali. O possiamo sperare che i tour gastronomici siano rigorosamente vegetariani e che le pecore e le mucche stiano nel parco dell’Alta Murgia per poter trascorrere lietamente gli anni della loro vecchiaia?
Se la “parola d’ordine” degli animalisti è “salviamo gli animali”, quella di Legambiente (a cui dedicano una intera giornata del festival della ruralità) è “salviamo gli allevamenti”.

Ma perché mai ci dobbiamo incontrare nelle stesse manifestazioni?


BioViolenza
Al macello sani e felici
www.bioviolenza.blogspot.it
 

giovedì 7 marzo 2013

Scandali alimentari e idea di uguaglianza



SCANDALI ALIMENTARI E IDEA DI UGUAGLIANZA
di Camilla Lattanzi

In Germania è in corso l'ennesimo scandalo per le uova contrassegnate con lo ZERO che dovrebbe significare bio-free range (allevate a terra)  e che invece provenivano da galline allevate in gabbia.
Qui l'articolo e l'orribile video che mostra la condizione in cui venivano (o sarebbe meglio dire vengono regolarmente)  tenute le galline "biologiche":
http://www.peta.de/web/eierrecherche2012.6700.html

Contemporaneamente in Sudafrica è stata smascherata un'altra, analoga frode alimentare: carni di asino, bufalo indiano o montone utilizzate al posto di quelle bovine, ma anche suine o avicole, per confezionare prodotti venduti regolarmente nei supermercati, senza però che i reali ingredienti fossero dichiarati sulle etichette.  E in tutto il mondo Ikea, Nestlé e Kraft ritirano dal mercato tonnellate di formaggi cioccolate e torte in quanto contaminate da batteri fecali.
Naturalmente l'accento viene messo sulla “frode ai danni del consumatore” perché l'ottica è graniticamente antropocentrica: il ricco consumatore esigente tiene alla sua salute e chiede che gli alimenti siano biologici. E’ disposto a spendere di più per mangiare meglio di altri consumatori meno danarosi e meno consapevoli. Paga dunque pretende, perché è la sua salute a essere messa a repentaglio.

Sulle condizioni degli animali schiavizzati e uccisi l'enfasi è assai minore e così, mentre sono tanti i consumatori a sbraitare che ci vogliono più controlli nel biologico, sono pochi gli esseri davvero "umani" che si curano della sofferenza e della morte ingiustamente inflitte ad altri viventi senzienti.
Ancora una volta pare evidente che non può esistere un uso "incolpevole" dei prodotti animali, e che l'alimentazione vegetariana da un lato e onnivora-biologica dall'altro sono foglie di fico sempre più strette, sia perché sono d'elite, sia perché sono vittime anch'esse di continue operazioni di contraffazione. Questo se vogliamo guardare al problema solo dal punto di vista salutistico.
Dal punto di vista etico poi, il discorso non sta proprio in piedi: quale fine si pensa che facciano quelle galline lì quando la produzione di uova, con l'aumentare dell'età delle galline-schiave, inevitabilmente cala?
Finiscono nei piatti dei nostri amici onnivori e ghiottoni, nelle salsicce Wudì e nei sughi AIA quando le cose vanno come ci si aspetta, in qualche produzione a marchio BIO quando invece non vanno per il verso giusto, mescolate magari alla carne di cavallo di bufalo di asino o montone del precedente scandalo, e sarebbe così anche se fossero davvero allevate con il garbo che l'ingenuo consumatore seguace del biologico si aspetta.
Chiedersi se sia accettabile che il ciclo di vita di creature viventi venga abbreviato a un decimo per questioni di profitto e ghiottoneria, però, non viene in mente nemmeno ai garbati vegetariani o agli onnivori seguaci del bio, che su questo tema somigliano in tutto ai loro "opposti", onnivori e habitué dell'agrochimico.

Morale: noi consumatori critici, che ci sentiamo esenti dagli effetti degli scandali grazie alla frequentazione di mercati contadini e Gruppi d’acquisto solidale, non possiamo più ignorare che ormai anche l'alimentazione è diventata una questione "di classe".
Ai poveri non resta che ingozzarsi di animali sofferenti e malati, o pesticidi chimici velenosi, con buona pace delle coscienze di chi ha il potere d'acquisto e il capitale culturale che gli consente di fare scelte un po' meno rischiose, purché disposti a pagarle a caro prezzo.
Nel mondo sempre più autoreferenziale e individualista del "consumo critico", il discorso prevalente è oggi quello di una decrescita orientata all'autoproduzione. Minore è l'enfasi per inventarsi lotte e campagne per la chiusura di allevamenti e macelli e la completa proibizione dei pesticidi. La dimensione politica del cambiamento è sempre più scolorita, e pressoché assente è l'attenzione alla sorte inflitta agli animali non umani, vittime predestinate e predilette di un sistema produttivo che andrebbe messo in discussione nel suo insieme, indagando sulla sua logica di violenza e sopraffazione. 
La mutazione genetica da cittadino a consumatore ha contagiato anche il mondo del consumo critico, per cui isolarsi in un Eden di salute e benessere individuale viene preferito a praticare una politica attiva verso le istituzioni e le imprese per affermare il diritto alla salute collettiva . Ma solo una battaglia simile potrà davvero restituirci un piano di uguaglianza dei cittadini almeno nel momento in cui si alimentano, momento centrale per il benessere e la salute, dove le differenze di classe sortiscono gli effetti più devastanti. E in questa sede di azione collettiva potrebbe aprirsi finalmente una finestra sull'alimentazione "cruelty free", finora snobbata nell'ambito dei Gruppi d’acquisto solidale (Gas) e dei "consumatori consapevoli", forse per eccesso di prudenza o forse perché è mancata la volontà di affrontare un serio approfondimento.

E’ a dir poco ironico l’esito dell'ultimo scandalo verificatosi in Islanda: un lancio di agenzia del 1mo Marzo ci racconta che le autorità alimentari islandesi - alla ricerca di carne di cavallo "clandestina" - hanno esaminato dei "tortini di carne" senza trovarvi alcuna traccia animale: "non contenevano dna mammifero", ha spiegato l'ispettore alimentare Kjartan Hreinsson, aggiungendo che i prodotti sembrano essere stati riempiti di “prodotti vegetali”. Le autorità della capitale islandese stanno indagando. "È una cosa piuttosto bizzarra", ha ironizzato Hreinsson.  
E chissà che la “frode” islandese non abbia preservato la salute di questi appassionati consumatori di “tortini di carne”, ritrovatisi “vegetariani a loro insaputa”.
Adesso la domanda è: cosa sceglierà di fare il “consumo critico e consapevole” che si trova di fronte all’evidente gerarchia classista tra consumatori mai così evidentemente collegata alle conseguenze di un modello di dominio e potere tra viventi?

lunedì 25 febbraio 2013

Sono stato vegan...




Sono stato vegan fino a poco fa.
Poi ho cominciato a mangiare persone.
Solo se allevate libere, ovviamente, il che è umanitario (e sostenibile).
Ho lasciato loro un po’ di spazio e non li ho terrorizzati - non troppo, almeno -, e poi li ho sgozzati.


Chris Hannah - Cantante dei Propagandhi













martedì 22 gennaio 2013

Radiopossum (Radio Onda Rossa) - puntata su Bioviolenza


Puntata del novembre 2012 di Radiopossum (Radio Onda Rossa) sulla "carne felice" e la "vecchia fattoria".

Vai alla pagina della puntata

Ascolta la puntata
(dal minuto 34, in particolare, su BioViolenza)




giovedì 17 gennaio 2013

Gruppo Ethos: una faccia tosta invidiabile

Gruppo Ethos: una faccia tosta invidiabile

Cosa non si dice pur di sembrare diversi! Vabbé, in periodi di crisi ognuno cerca di portare acqua al suo mulino, ma appropriarsi della parola ETHOS per imbrogliare le persone, le associazioni e i volontari del sociale ci sembra davvero grave.

Il gruppo Ethos, ormai proprietario di ben 4 mega ristoranti fintamente di lusso (Acqua e Farina, Grani & Braci, Risoamaro e Sanmauro – tutti con pizzeria e steak house), cavalca selvaggiamente la moda della qualità, sostenibilità, solidarietà cercando di farsi un’immagine di luogo trendy e attrattivo pubblicizzandosi su radio “impegnate” nel sociale (quali radio popolare e Lifegate) e indirizzando la sua pubblicità a quel generico pubblico “alternativo di sinistra” troppo spesso poco attento a non farsi infinocchiare dalle belle parole e propenso a farsi placare la coscienza dal primo venditore di fumo che incontra.

Da un gruppo dal nome così altisonante ci aspetteremmo davvero grandi cose che potrebbero spaziare dal reinvestimento degli utili in attività sociali alla attentissima selezione di cibi cruelty free, da cene gratis per gli homeless a sconti strabilianti per famiglie numerose o monoreddito, da servizi adatti alle più gravi forme di disabilità a forti garanzie sindacali per i dipendenti. Insomma, ci aspetteremmo qualcosa di... etico.

E invece?
La navigazione sul sito (a meno che non faccia parte della loro brillante etica la riservatezza  di tenere celate le vere buone azione a cui alludono) ci permette di leggere poche righe, molto generiche in cui il gruppo dice di impegnarsi con rispetto al cliente, lavoro di gruppo, applicano il sistema di autocontrollo HACCP (peraltro d’obbligo per legge), proponendo alcuni cibi biologici, utilizzando carta riciclata e lampadine a basso consumo. Per telefono ci hanno detto che non hanno pannelli solari (eppure son capannoni da 800 mq) ma che comprano detersivi e scatolame in confezioni grandi invece che piccole! Caspita, che etici!
Assumono forse persone diversamente abili? No, assumono persone obbligatoriamente gentili e disposte a fare orario di lavoro flessibile per soddisfare i clienti.
Utilizzano solo prodotti bio o a km 0? No, utilizzano maggiormente prodotti “di qualità” senza che sul sito compaia il marchio di nessuna certificazione particolare. Sarà lo chef che decide? Sarà il palato dei clienti? Sarà il prezzo del pasto? Boh. L’importante è dirlo ma che cosa poi sia davvero questa qualità, vallo a capire... Ma c’è Legambiente turismo che garantisce...

La trovata pubblicitaria per intortare per bene gli ingenuotti che appena sentono “etica” vanno in brodo di giuggiole, è che tutte le associazioni che decidono di festeggiare o organizzare cene sociali nei locali del gruppo, a fine anno vengono bonificati con una cifra pari al 10% di ciò che hanno speso nel locale. Praticamente la bellissima, strepitosa, fantastica, sostenibilissima iniziativa del gruppo consiste nel fare lo sconto dl 10% a chi presenta la “tessera ETHOS”. Figo, eh? Praticamente lo fanno ormai quasi tutti i negozi italiani.

Da animalisti, ovviamente, la cosa che ci sconcerta di più nel vedere accostata la parola ETHOS a questi locali è che ognuno dei 4 ristoranti è anche una steak house. Sul sito, bene in vista in molte foto, si possono ammirare pezzi di animali provenienti dai migliori allevamenti del mondo e delle razze più prestigiose “Black Angus” ,“Angus-Hereford”, Scottona “Pezzata Rossa” (questa a Km 0 perchè proveniente dalla bergamasca) e “Chianina”. 
Per compensare questo bagno di proteine ‘al sangue’,  si pubblicizzano laboratori per bambini per promuovere diete sane a base di frutta e ci si dichiara partner nel progetto “amici degli animali” (cani e gatti TV channel, sic).
Gli animali, come al solito ringraziano per essere presi per il culo in questa schifosa maniera.
Possiamo assicurare, da vegani, che quando siamo andati a mangiare una pizza ad Acqua e Farina, come dolce potevamo scegliere soltanto l’ananas (ma probabilmente il gruppo Ethos possiede una coltivazione di ananas bio e sostenibile da qualche parte tra Milano e Bergamo).

Vergogna.

Ma vuoi vedere che dopo questa protesta son capaci di inserire un menù vegan in ogni locale?


Progetto BioViolenza
Al mattatoio sani e felici


www.bioviolenza.blogspot.it

giovedì 6 dicembre 2012

Monza - 19 dicembre: "Carne felice: il delitto (quasi) perfetto?"

Monza, mercoledì 19 dicembre dalle ore 19.30 
c/o "La Pentola Vegana", via Lecco 18, Monza

cena e dibattito "la carne felice: il delitto (quasi) perfetto?" 
dibattito su allevamenti "sostenibili", biologici e "benessere animale" 
a cura di Oltre la Specie 

Disponibile per l'occasione piatto unico completo a 6 euro
GRADITA PRENOTAZIONE! 

Info e prenotazioni: 039-490403 348-2603861
Dettagli nella locandina


domenica 2 dicembre 2012

Coop: battiamo le zampe!

Battiamo le zampe! Battiamo le mani! Due, quattro, dieci! Bravi! Bravi!

Grazie Coop! La tua attenzione (possiamo darci del tu, vero? visto che la Coop sono io…) nei confronti del benessere animale mi commuove. Sono esterrefatta per la sensibilità che dimostri nei confronti della sofferenza degli animali, le tue premure per il loro benessere mi commuovono potrei dire… fino alle lacrime…
E sei brava non solo da oggi. Continui a vincere premi peril consumo più etico e sostenibile. Coop, il tuo interesse per gli animali è grandioso, sono orgogliosa che nei vai orgogliosa (la Coop sono io, no?).

Coop, ho visto le tue pubblicità negli anni: pezzi di animali esibiti come opere d’arte, artiste comiche che scherzano sugli occhi morti delle triglie, inviti continui al consumo di carne… ma non mi preoccupo: so che tu/io ci teniamo davvero agli animali. Che possano vivere, e che diamine, bene, prima di diventare prodotti sostenibili, anzi, etici. Se son morti felicemente ci sono ragioni ancora più buone per mangiarli con gioia. Grazie Coop che mi rincuori dai crucci che stavano iniziando a farmi perdere l’appetito. Ora sto tranquilla e felice.
Coop, il premio Good Chicken mi fa comprare il pollo con tutto un altro gusto. Adesso che so che il pollo Coop ha migliori condizioni di vita, me lo ingurgito con piacere doppio. Anche le fantastiche uova di galline allevate a terra. Che forte che sei (che siamo!)! Solo uova di galline che invece che stare in piccole gabbiette stanno in grossi capannoni. Chissà come si divertono in tutta quella beatitudine…

Coop, posso dirti una cosa? Coop, il tuo/mio amore per gli animali mi sta facendo respirare con fatica… E’ un amore che soffoca… Coop, la tua/mia ipocrisia ha raggiunto livelli così schifosi che inizio a stare male, mi gira la testa, mi fai/faccio schifo.

Coop, ti/mi darei un premio per il migliore scherzo di cattivo gusto giocato sulla pelle degli animali.

Coop, se fossi una gallina e potessi dirti cosa penso, credo che ti manderei bellamente affanculo.

Alessandra Galbiati