L'eredità di Expo: sostenibilità, nuovi mercati, benessere animale
Forse incantati dal bellissimo slogan “Nutrire il pianeta”,
forse storditi dalla partecipazione di Vandana Shiva al padiglione del bio,
forse addomesticati dall’ondata bio-vegan seguente ci siamo un attimo scordati
di EXPO 2015 e
soprattutto ci siamo dimenticati di considerare e analizzare la sua eredità.
Lo spezzone antispecista, caduto nel dimenticatoio con tutta
la contestazione “no expo”, dov’è finito?
Ma, soprattutto, quanti di noi si sono accorti che da EXPO
in poi gli attacchi all’industria alimentare sono stati lasciati andare solo in
alcune direzioni?
Quanti sono andati avanti senza soffermarsi troppo sulla
parola “intensivo”?
Il sorgere di numerose attività e associazioni di categoria
includenti le parole “etico”, “sostenibile”, “verde”, “slow”, “felice” ha fatto
gioire pazzamente numerosi individui.
L’idea di non dover rinunciare a nessun agio perché così si
può non essere più complici di aziende che rovinano il pianeta e chi ci vive,
ci ha inebriato di speranza, in vista di un reale cambiamento, che comprende
anche un cambio di direzione per quel che riguarda il rispetto per l’animale
non umano.
Il che sarebbe ipoteticamente vero, forse, se fossero sorte
nuove aziende, cooperative, artigiani “etici-per-davvero” che quindi che non
contribuiscono a nessuna forma di sfruttamento e si fosse tornati ad una
produzione (vegetale) estensiva, minima, sostenibile per davvero.